Archivi del mese: Novembre 2013

A Silvio

Vorrei innanzitutto scusarmi per l’eccesso di confidenza.  Noi non ci conosciamo, eppure mi permetto di chiamarla per nome. In effetti ormai diventa difficile definirla in qualche modo. I suoi più stretti collaboratori la chiamano “Dottore”, ma anche io sono “dottore” e, con le lauree triennali, ormai in Italia i “dottori” non si contano più. Escludiamo quindi questo titolo, per non farla sentire uno della massa. Da stasera non posso più chiamarla “Senatore”, perché lei non lo è più, è stato dichiarato decaduto. Men che meno posso chiamarla “Onorevole”: alla Camera non ci sta più e poi, con una condanna definitiva, cosa vuole avere di “onorevole”? Non posso più chiamarla Cavaliere, perché, essendo stato condannatoin via definitiva, perderà anche questa onorificenza della Repubblica. Potrei forse usare il termine di “signore”. Mi sembra eccessivo, anche perché le sue gesta, da quel che si legge sui giornali e nelle carte delle varie Procure che di lei si sono e si stanno occupando, hanno poco di signorile. Potrei chiamarla Presidente, ma non sono di Forza Italia e non sono tifoso del Milan, entità che per me non esistono e quindi “presidente” di cosa? Del condominio di Arcore? Del club del “Bunga-bunga”? Non mi permetterei mai. Non mi resta quindi che chiamarla con il suo nome di battesimo: Silvio. D’altra parte oggi qualche migliaio di persone è scesa in piazza ad osannarla, gridando solo il suo nome, e allora va bene così.

Da oggi lei non è più Senatore della Repubblica. Ne è passata di acqua sotto i ponti dal 1994, quando, all’insegna del “Meno tasse per tutti” lei vinceva trionfalmente le elezioni. Li ricorda gli slogan delle varie campagne elettorali? Un milione di posti lavoro; meno tasse per tutti; restituirò l’ICI; abolirò l’IMU. Vorrei fare un rapido volo su questi 20 anni da “statista”. Ci stiamo accorgendo che il meno tasse per tutti è stata una delle più grosse prese per i fondelli che siano state pronunciate da un politico in tanti anni di storia repubblicana, pari forse al milione di posti di lavoro; slogan elettoralmente efficacissimi ma all’atto pratico bugie macroscopiche. Sicuramente lei dirà che non è colpa sua, ma degli altri che non le hanno fatto fare quel  che aveva in animo di fare. Ecco, questa è una delle cose per cui io la ricorderò: non è mai stata colpa sua, lei è sempre “caduto dal pero”, per usare una espressione popolare. Tutto quel che di negativo è avvenuto in questi anni o tutto quello che è emerso di penalmente rilevante, si è verificato “a sua insaputa” (Scajola docet). Scusi se mi permetto, ma, se fosse vero, lei sarebbe inadatto a governare un Paese come l’Italia, perché è un credulone, molto ingenuo ed assolutamente incapace di scegliersi i propri collaboratori. Mi chiedo come sia stato possibile creare il suo impero televisivo se i manager di Mediaset tramavano alle sue spalle, frodando il Fisco italiano e deviando sui loro conti il maltolto: lei dove stava? Si sono trovate le prove per una evasione di 368 milioni e 510 mila dollari e lei pretende che io sia così imbecille da credere che lei non ne sapesse niente. Se fosse vero, vorrebbe dire che lei non si è mai occupato seriamente dell’azienda e quindi non potrebbe arrogarsi i meriti del suo sviluppo e di tutti i posti di lavoro creati. Uno a cui sfliano da sotto il naso 368 milioni e 510 mila dollari come imprenditore non varrebbe nulla e dovrebbe essere interdetto da attività dirigenziali di qualsivoglia tipo. Ed io non gli affiderei neanche le chiavi della mia macchina, figurarsi il Governo di questa povera Italia.

Ma oggi mi sono sforzato di pensare cosa resterà della sua attività politica di tutti questi anni, in cosa si è caratterizzata l’azione dei suoi governi. Sa che ho avuto difficoltà a trovare qualcosa di positivo? Forse la legge Sirchia sul divieto di fumo nei luoghi pubblici, forse l’introduzione della patente a punti, ma per il resto? Da un punto di vista economico le ricette del genio dell’economia Giulio Tremonti hanno avuto dei risultati pessimi che hanno comportato, nella migliore delle ipotesi, un rinvio, ma solitamente un aumento di spesa pubblica ed un aumento della tassazione. Certo, ha abolito l’ICI. Peccato che questo abbia comportato un buco enorme nei bilanci dei Comuni, per cui è aumentata la tassazione locale, sono diminuiti i servizi offerti ai cittadini (anche questo, per sua informazione, rientra nel “mettere le mani nelle tasche degli italiani”), ci si è trovati costretti, per turare le falle, ad inserire l’IMU. Adesso ha fatto una battaglia di principio sull’abolizione dell’IMU. A parte che non capisco perché io, che tutto sommato ho un discreto reddito, debba essere messo sullo stesso piano di mia madre che ha solo la pensione di reversibilità di mio padre, e, come lei, non pagare nulla sulla casa, a parte questo, dicevo, la sua bandierina messa sul cappello dell’IMU ha fatto si che sia aumentata l’IVA, che non si siano potuti dirottare almeno un paio di miliardi sulla riduzione delle tasse sul lavoro, che certamente sarebbero state misure di maggiore utilità per gran parte dei cittadini. Torniamo però alla attività legislativa dei suoi Governi: federalismo? Non mi vengono in mente misure significative. Riforma del marcato del lavoro? Aumentati a dismisura i contratti a termine, esaltato il precariato, spaccati i sindacati, diminuiti i posti di lavoro (forse il famoso slogan “un milione di posti di lavoro” era incompleto, mancava “in meno”). In compenso ricordo condoni, abolizione del falso in bilancio, leggi ad personam (Cirielli, lodo Alfano, lodo Schifani e via dicendo). Parliamo della sua politica estera? I rapporti con Gheddafi ci hanno resi ridicoli di fronte al mondo: il baciamano al Colonnello, la possibilità di piantare la tenda a Villa Pamphili o di tenere una lezione sul Corano per aspiranti amazzoni a Roma, culla della Cristianità; pensi cosa sarebbe successo se un missionario fosse andato a La Mecca a predicare il Vangelo! Non mi ricordo performance di rilievo nei vari incontri internazionali cui ha partecipato. Per carità di Patria faccio finta di non ricordare le foto di gruppo con lei che si esibiva nel gesto delle corna, l’intervento al Parlamento europeo in cui ha dato del “kapo” al capogruppo dei socialisti, il tedesco Martin Schulz, il “cucù” alla Merkel a Trieste, l’appellativo di “culona inchiavabile” affibiato alla stessa Merkel. Taccio anche dei suoi strettissimi rapporti con Putin, noto campione di democrazia. Non posso fare a meno, però, di sottolineare la coerenza di chi si scaglia contro il comunismo, regime che ha causato milioni di morti, ed esalta contemporaneamente Putin, ex capo del KGB sovietico! Insondabili misteri della mente umana.

Non entro nel merito dei suoi contrastati rapporti con la Costituzione. E’ del tutto evidente che lei si ritiene il Sole attorno al quale ruotano i pianeti e si considera il fulcro del sistema, come tale del tutto libero da qualsivoglia vincolo. Peccato per lei che la democrazia preveda un equilibrio fra il potere esecutivo, il potere legislativo ed il potere giudiziario. Il problema è ciò che i suoi continui anatemi hanno lasciato in tante persone, spesso in totale buona fede: l’assoluta delegittimazione della Magistratura ed il conseguente senso di impunità generale. Tutto è lecito, tutto si può fare. Spalleggiato dal fido Ghedini, lei ha introdotto un nuovo metodo di difesa: ci si difende “dai” processi e non ci si difende “nei” processi

Ma certamente lei verrà anche ricordato per le sue attività extra politiche, in primis il bunga-bunga. La prego, non mi dica per l’ennesima volta che nella sua vita privata lei fa quel che vuole. Un uomo politico che si definisce uno statista ha degli obblighi morali da seguire, deve essere un esempio per il popolo, non ha un privato. Ed in ogni caso, se nel suo privato compie dei reati, come per esempio andare a letto con una prostituta minorenne, deve essere perseguito come qualunque altro cittadino e punito, se colpevole, come e più di qualunque cittadino proprio in relazione al ruolo che ricopre.

Silvio, vede che alla fin fine la sua presenza in politica non è determinante? Faccia un regalo alla maggior parte degli Italiani: prenda atto del suo fallimento e si goda i suoi soldi, si goda i suoi nipoti, ma sparisca dalla circolazione. Il Paese ha bisogno di una destra rispettabile e con lei in campo di rispettabile ci sarebbe ben poco

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Vorrei dirti ….

Vorrei dirti le più profonde parole d’amore,

ma non oso, per timore che tu rida.

Ecco perché mi burlo di me stesso e del mio segreto.

Derido il mio dolore per paura che tu faccia lo stesso.

Vorrei dirti le parole più vere,

ma non oso, per paura che tu rida.

Ecco perché mento, dicendo il contrario

di quello che penso.

Rendo assurdo il mio dolore per paura che tu

faccia lo stesso.

Vorrei usare le parole più preziose

che ho riservato per te, ma non ne ho il coraggio;

temo che non si comprenda il loro valore.

Ecco perché ti parlo con durezza,

e vanto la mia forza brutale.

Ti faccio del male per paura che tu

non conosca mai cosa sia il soffrire.

Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,

ma non ne ho il coraggio:

temo che il mio cuore mi salga alle labbra.

Ecco perché parlo stupidamente

e nascondo il mio cuore dietro le parole.

Tratto crudelmente il mio dolore

per paura che tu faccia lo stesso.

Rabindranath Tagore da Il Giardiniere

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Un fazzolettone ritrovato

Ho iniziato il cambio di stagione e, in fondo ad uno scatolone, ho ritrovato la mia vecchia divisa scout, con il fazzolettone ed il guidone della squadriglia Antilopi del Reparto Aspromonte del RC1, di cui sono stato il capo nel lontano 1974. E’ bastato a scatenare un turbinio di ricordi che ha attraversato la mente ed ha proiettato su un ipotetico schermo quindici anni di vita associativa, iniziata nel 1970. Fu mia madre a spingermi verso gli scout, ma io non ne volevo sapere; non capivo perchè andare assieme a quei ragazzetti vestiti tutti uguali con una divisa banale e con quei fazzoletti strani attorno al collo. E poi la domenica dovevo giocare, avevo il campionato con la mia squadra di calcio di allora. Resistetti un paio d’anni finchè un caro amico, Piero, mi convinse a seguirlo in questa grande avventura. E’ stato l’inizio di un lungo percorso, terminato quando la lontananza da Reggio non mi ha consentito di proseguire con il mio gruppo storico, ma che idealmente ancora continua seguendo le attività dei fratelli del MASCI RC4. Nel film si sono succeduti tanti fotogrammi, tante persone, tanti episodi più o meno allegri. Ho rivisto Nicola Calipari, il mio primo capo reparto, tragicamente morto in Iraq vivendo completamente e concretamente il motto della branca R/S “servire”, Tanino, Nuccio, Mario, Celeste, gli altri capi del reparto, Enzo e don Gianni al Clan, gli amici del cuore di allora che rimangono i più cari amici di oggi, Peppe, Santo, Mimmo, Gregorio, Velia, Pinella, Daniela, coloro che hanno convissuto con noi nel cortile del Duomo, la mitica signora Tota che cuciva i fazzolettoni …. Ma su tutti si staglia, direi gigantesca, la figura di don Mimmo. Chi ha conosciuto Mimmo magari sorriderà pensando alla sua altezza fisica, che non era certo il suo carattere distintivo, ma la statura morale certamente lo colloca fra le persone più importanti e significative della mia adolescenza. I suoi mezzi di locomozione, la Vespa stra-usata con cui andava in giro in città ed il mitico Maggiolino giallo con cui all’occorrenza ci accompagnava dopo le riunioni che si tenevano a casa sua la sera tardi, quando finiva i suoi mille impegni; lo stesso con cui arrivammo a Gambarie da Cucullaro appesi da tutte le parti immaginabili e non, sui predellini laterali, sul paraurti, io ero seduto su uno dei fari anteriori: compresi i 5 passeggeri “interni” eravamo in 13 o 14 …. la sua voce roboante che ci svegliava la mattina in tenda, “Buongiorno, fiori di gelsomino rampicante”, e ci “benediceva” con il mestolo e l’acqua fredda se non uscivamo rapidamente dai sacchi a pelo …. le veglie notturne ai campi … le lunghe passeggiate-confessione nel cortile del Duomo, che era diventata la nostra seconda casa …. le arrabbiature quando riteneva che la mia scelta politica di sinistra fosse in contrasto con i principi cristiani e le nostre franche discussioni a tal proposito …. la sua immensa voglia di fare, di mettersi al servizio degli altri, di aiutare chi era rimasto indietro e la capacità di realizzarlo …. i suoi mille impegni, le giornate che sembravano non dover finire mai tanto aveva da fare. Ricordo quando iniziammo a coinvolgere nelle nostre attività i ragazzi del carcere minorile di cui lui era diventato il cappellano, la paura di non essere in grado di gestire il rapporto con loro e la gioia successiva nel capire che la nostra presenza era stata invece un ponte verso la legalità, perchè qualcuno aveva avuto fiducia in loro e questo qualcuno eravamo noi. E i fuochi di bivacco, la sua felicità nell’interpretare alcune scenette (la Santa Caterina su tutte), il suo partecipare con gioia ad attività incomprensibili e stupide per chi è fuori dall’associazione, come può essere il fuoco di totemizzazione, e subito dopo saper cogliere e spiegare con parole semplici la spiritualità più nascosta nelle pagine del Vangelo. A proposito di fuochi, c’è un canto che ancora oggi mi commuove, quello che chiude il fuoco di bivacco, “Signor fra le tende schierati”. Per me questo canto è indissolubilmente legato al funerale di Mimmo, quando lo abbiamo cantato tutti insieme attorno alla sua bara assieme al Canto dell’addio. Chi ha vissuto quei tristi giorni di febbraio del 1978 ricorderà le ultime parole dette nel delirio prima di morire, quando non faceva altro che parlare di noi, i suoi ragazzi: “mettetemi gli scarponi che devo andare sulla neve”. Abbiamo tutti pensato che fossero parole in libertà, del tutto senza senso. E poi la neve ha iniziato a cadere, a Reggio Calabria, il 15 febbraio appena si sono aperte le porte del carro funebre lungo tutto il tragitto fino all’ingresso in Cattedrale ….. Quella neve si è sciolta, ma il messaggio che ci ha lasciato Mimmo con il suo esempio è indelebiile. Grazie Signore per averci dato la gioia di incontrarlo, ma te lo sei ripreso troppo presto.

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