Archivi del mese: Luglio 2018

Pellegrinaggio in Terra Santa 2018 – Appunti di viaggio (parte 6)

Finalmente ho trovato il tempo per sistemare gli appunti di viaggio relativi agli ultimi due giorni del pellegrinaggio in Terra Santa. 
Si parte presto stamattina in bus diretti in Samaria. Viaggio abbastanza lungo e che ci porterà in pieno territorio palestinese. Prima tappa sul Monte Garizim, il monte sacro dei Samaritani di cui oggi rimangono meno di un migliaio di persone, suddivise in due comunità, una a Nablus, ai piedi del Monte Garizim, l’altra a Tel Aviv. Sul Garizim, secondo i Samaritani, Abramo avrebbe condotto Isacco per sacrificarlo al Signore e un recinto delimita l’area dell’altare di pietra eretto dallo stesso Abramo. In prossimità sorgono le rovine dell’antica Sichem, la capitale della Samaria. Spiccano il perimetro ottagonale di una basilica bizantina, con le basi delle colonne che ne ornavano tutti i lati, e una torre sul bordo delle mura, discretamente ben conservata, trasformata in una “hueli” (spero si scriva così) musulmana ove sarebbe sepolto uno dei più valorosi generali di Saladino. E’ possibile dall’alto osservare il caos di Nablus, una delle più popolose città palestinesi. Nel panorama spicca un esteso campo profughi palestinese, sorto dopo la guerra del 1967 e che colpisce per il caos che si percepisce anche da lontano: case piccole, addossate l’una all’altra senza alcuno schema, alcun ordine. Viene spontaneo chiedersi come sia possibile vivere così, soprattutto considerando l’enorme numero di palazzi in costruzione che si vedono percorrendo le strade di Nablus. Eppure questa massa di disperati crede ancora che potrà un giorno ritornare a casa sua, in quella che oggi è Israele. Vana illusione, a giudicare dalla velocità di estensione degli insediamenti ebraici nei territori palestinesi. E’ altrettanto chiaro che i giovani che “vivono” questa realtà e non conoscono altro sono facilmente preda di fanatici islamici che hanno facile presa sulla loro disperazione. Percorrendo le strade di Nablus balza agli occhi l’abnorme numero di meccanici per auto e di negozi di ricambi per auto. Effettivamente le automobili in giro sono tante e anche di grossa cilindrata. Una malignità: probabilmente sono automobili con chilometraggi improponibili per essere rivendute in Europa, che vengono mandate per il loro “canto del cigno” in questi Paesi poveri in cui è difficile acquistare un’auto nuova per motivi meramente economici. Chiaro che questi “catorci”, non so come altro definirli, hanno necessità di continua manutenzione e questo spiegherebbe le tante officine disponibili e i tanti depositi di auto rottamate presenti sul territorio. Ennesimo esempio, se così fosse, di sfruttamento di popolazioni povere da parte dell’evoluto Occidente.
Sosta obbligata attraversando Nablus presso la Chiesa ortodossa ove è conservato il pozzo di Giacobbe, lo stesso pozzo ove Gesù, secondo il Vangelo, ha incontrato la samaritana
Santa Messa celebrata nell’unica chiesa di rito cristiano latino presente a Nablus. Abbiamo avuto difficoltà a trovarla e siamo giunti alla fine della canonica Messa domenicale. I pochi fedeli presenti ci guardavano felici, come se la nostra presenza, probabilmente un evento per loro, di per sè costituisse un modo per sentirsi meno soli
Pranzo tipico palestinese in un locale in vicinanza, anzi addossato, al colonnato di una basilica romana dell’antica città di Sebastia, con resti molto molto molto maltenuti. Non è possibile che vestigia così importanti siano tappezzati di erbacce e pieni di rifiuti, specie plastica. Dalla basilica si sale verso le rovine dell’acropoli, incontrando i gradini di un teatro, una scala che conduceva verso un tempio che doveva essere imponente, almeno a giudicare dalle basi delle colonne ritrovate e che, essendo proprio in cima alla montagna sovrastante Sichem, doveva essere visibile da molto lontano. Proseguendo il giro delle rovine, si arriva in prossimità dei resti di una piccola chiesa bizantina con una cripta ove sarebbe stato trasportato in un primo tempo il corpo, senza testa, di S. Giovanni Battista, poi trasferito nella cripta di una chiesa crociata costruita alla base della collina. I crociati non hanno avuto il tempo di completare la costruzione, dato che manca totalmente il tetto, prima che la zona fosse nuovamente riconquistata dai musulmani che hanno trasformato la costruzione in moschea
Nel programma la visita in Samaria era probabilmente il giorno più pericoloso, data la instabilità dei territori palestinesi. E’ stato invece l’ennesimo esempio di quanto siano rispettati i frati in Terra Santa, certamente per il rispetto che essi stessi mostrano nei riguardi delle altre religioni, e di quanto i pellegrini cristiani siano ben accetti da queste parti. In un contesto di povertà come quello che abbiamo potuto constatare con i nostri occhi, anche due euro che spendi per l’acquisto di un rosario possono essere determinanti per la sopravvivenza delle persone. Penso al vecchietto che ci voleva vendere i frutti appena raccolti, fichi d’India, fichi, e che, di fronte al nostro rifiuto, avevamo appena finito di mangiare e la frutta calda non è proprio il massimo, si è rivolto a Padre Alessandro chiedendo aiuto per i suoi 10 figli. Non elemosina, ma acquisto dei suoi prodotti. Anche questo è rispetto, anche in questo “si resta umani” 
Ultimo giorno di permanenza a Gerusalemme e, prima di partire, chiusura col botto. Si va a piedi verso il Muro del Pianto, ciò che resta del perimetro occidentale del Tempio distrutto da Tito nel 70 d.C., luogo sacro di preghiera per gli Ebrei. Noi però saliamo e, superati i controlli di sicurezza, entriamo nella Spianata delle Moschee. Una particolarità, a proposito dei controlli. Padre Alessandro si è raccomandato, insistendo molto, sul non avere alcun simbolo cristiano in vista (crocefissi, rosari e via dicendo) né tantomeno Vangeli o Bibbie. Gli israeliani, cui sono affidati i controlli di sicurezza all’esterno, potrebbero bloccare l’incauto visitatore. 
E’ una zona sacra per l’Islam perché da qui Maometto, secondo il Corano, sarebbe asceso in Cielo dalla roccia situata in cima al monte, oggi all’interno della Cupola della Roccia, che da essa prende il nome (mi ricorda qualcosa avvenuto secondo la nostra religione secoli prima, hanno un po’ scopiazzato i musulmani). Ma questa è una zona sacra anche agli ebrei in quanto sede del Tempio. Per noi cristiani il luogo è sacro perché frequentemente visitato da Gesù, con molti episodi della sua vita pubblica narrati nei Vangeli che hanno il Tempio di Gerusalemme come sfondo. 
La Spianata delle Moschee occupa la gran parte dell’area in passato occupata dal Tempio, più precisamente dal Secondo Tempio. Spiccano a nord la cupola dorata, la Cupola della Roccia di cui parlavo prima, della Moschea di Omar, meravigliosamente decorata con una seria di arabeschi, e la moschea di Al-Aqsa a Sud, all’esterno certamente più “spartana”, anche se di dimensioni notevoli. Non siamo potuti entrare, ma, secondo quanto ci ha raccontato Padre Alessandro, all’interno le dimensioni appaiono ancora più imponenti considerando che si tratta di uno spazio totalmente aperto, ove non ci sono banchi, sedie, cappelle laterali o altari, come siamo abituati nelle nostre chiese e che riducono alla vista gli spazi disponibili; qui c’è solo una distesa di tappeti su cui i fedeli si inginocchiano e pregano.
Ponendosi fra le due moschee si riesce ad avere una idea, comunque parziale della vastità degli spazi. Per facilitare chi legge, l’area del Secondo Tempio, all’incirca, era di 500 X 300 metri. Un po’ come se mettessimo insieme 5 file, ciascuna composta da 5 campi di calcio allineati ed accostati insieme.
Bellissima la vista verso il Monte degli Ulivi con una nitida visione della strada che scende verso Getsemani. 
Si conferma la mania delle purificazioni rituali con l’acqua, che già avevamo avuto modo di osservare come pratica routinaria degli ebrei ortodossi, Questi ultimi bagni rituali, i musulmani fontane ove possibile. Particolare la fontana di El-Kas, usata per le abluzioni, lungo la sua circonferenza, alla base cui si accede scendendo alcuni gradini, sono ordinatamente posizionati vari rubinetti, davanti a ciascuno dei quali c’è un piccolo sedile in pietra con tanto di schienale, che i fedeli usano per la loro purificazione prima di entrare in moschea
Altra considerazione: nonostante fosse chiaro che noi non eravamo musulmani, dato che la guida era Padre Alessandro con il suo saio francescano in bella mostra, da cui aveva rimosso solo il rosario, nessuno ci ha disturbato o ci ha detto alcunché, né a noi né ad altri gruppi di turisti occidentali. L’unico rimprovero urlato dai custodi è stato verso una coppia che stava in posa per la foto con la Cupola della Roccia sullo sfondo e lui aveva poggiato la mano sulla spalla di lei come per abbracciarla. A testimonianza che i pericoli per i pellegrini, quelli che spaventano tanto e che impediscono un afflusso ancora maggiore verso questi territori, sono in gran parte virtuali e non reali
Lascio Gerusalemme con il cuore colmo di gioia e, sembra paradossale dirlo data la storia recente di questi luoghi Santi, con un appagante senso di pace interiore
Arrivederci Gerusalemme. Sono convinto ci rivedremo ancora

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Pellegrinaggio in Terra Santa 2018 – Appunti di viaggio (parte 5)

Giornata pesante oggi dal punto di vista fisico. Si comincia con un’emozione forte. Santa Messa celebrata alla Basilica dell’Agonia a Getsemani, disposti attorno alla grande pietra, posta davanti all’altare, venerata come la pietra su cui Gesù si è sdraiato per pregare la notte in cui fu arrestato e “sudò sangue”. Come lo scorso anno, anche quest’anno per me Getsemani è stato uno dei momenti emotivamente più forti e coinvolgenti. Ascoltare il Vangelo che racconta della Passione di Gesù, della sua disperata preghiera solitaria fra gli ulivi dell’orto di Getsemani (frantoio delle olive, questo è il significato) e poi sulla pietra e stare lì, ti porta inevitabilmente a chiederti: ma io, sarei stato, o meglio, sono capace di pregare con Gesù, di non lasciarlo solo, o faccio come gli Apostoli che si sono addormentati? E il prendere coscienza di una fede che può funzionare ad intermittenza, diventa comunque un buon punto di partenza per migliorare
Che dire della maestosità delle piante dell’Orto di Getsemani? Ci sono almeno 3 olivi con tronchi enormi, di almeno 800 anni (se ne fa menzione dal Medioevo, secondo la nostra guida), ma che mi piace immaginare muti spettatori della tragedia di 2000 anni fa. Sono piante bellissime nella loro maestosità. 
Basta attraversare la strada e ci si ritrova dentro la grotta cosiddetta dell’Arresto, la grotta in cui Nostro Signore fu arrestato. Anche quest’anno arriviamo durante la celebrazione della Messa da parte di un altro gruppo di pellegrini e non riusciamo a godere appieno della suggestione del luogo
A strettissimo contatto con la Grotta, appena fuori, c’è la tomba, anch’essa vuota, di Maria (la Madonna fu Assunta in cielo in corpo e anima). Siccome quest’anno la fortuna ci è compagna di strada, non c’è alcuna fila da fare, siamo soli. Mentre Padre Alessandro illustra il luogo, approfitto del mio esserci già stato e quindi di aver ascoltato le sue spiegazioni ed entro, solo soletto, a pregare dentro la tomba. Che splendida emozione!
Salita, in autobus, sul Monte degli Ulivi per ricordare l’Ascensione e quindi visitare la chiesa del Pater Noster. Chiesetta francese, l’anno scorso chiusa (era domenica il giorno che salimmo quassù). Particolari sono i quadretti diffusi ovunque con il Padre Nostro scritto nelle varie lingue, compresi dialetti indiani (Cree, Sioux), spagnoli (Valencia, Andalusia, Catalano) e italiani. Ovviamente sono andato a cercare il dialetto calabrese, che ho trovato e fotografato immediatamente. Da lì è partita la discesa verso Getsemani con sosta sul punto panoramico da cui si domina tutto il lato occidentale delle Mura con le cupole della Mosche di Omar e quella di Al-Aqsa in primo piano e quindi la Vecchia Gerusalemme un po’ più sullo sfondo. Altra sosta alla piccola chiesa del Dominus Flevit, con la cappella a forma di lacrima, situata a metà strada della discesa, nel luogo in cui Gesù pianse sul destino futuro di distruzione profetizzata per Gerusalemme, come poi si verificò nel 70 d.C., a distanza di meno di 40 anni
Dopo pranzo passeggiata verso il Cenacolo, il secondo luogo più sacro del Cristianesimo, perchè qui dentro Gesù ha istituito l’Eucarestia, ha istituito il sacerdozio, si è presentato ai Discepoli dopo la Resurrezione almeno due volte (ricordare a proposito l’episodio di San Tommaso); è stato il punto di riferimento dei Discepoli fino alla Pentecoste, 50 giorni dopo la Pasqua di Resurrezione; qui vicino è morta (si è addormentata) la Madonna, come ricordato nella Basilica della Dormizione, anch’essa visitata nel pomeriggio
E già che stavamo “in loco”, siamo scesi a San Pietro in Gallicantu, chiesa costruita dai Padri Assunzionisti Francesi su quella che, a loro avviso, era la casa di Caifa, il sommo sacerdote, ove fu condotto ed imprigionato Gesù la notte dell’arresto e dove Pietro lo tradì 3 volte prima del canto del gallo. Secondo altri studiosi, la maggior parte fra cui il nostro Padre Alessandro, la casa di Caifa era situata in un luogo diverso. E’ possibile che Pietro, dopo aver rinnegato Gesù, si sia rifugiato in una grotta qui situata e pianse, ma ipotesi a suffragio dell’una o dell’altra tesi non ce ne sono. In prossimità della Chiesa è stata ritrovata una scala romana, discretamente ben conservata, del I° secolo. Molto probabile che sia stata la strada seguita da Gesù nel percorso verso Getsemani dopo l’Ultima Cena e, una volta arrestato, per essere condotto a casa di Caifa per il processo prima di essere messo poi a morte
Sarà per il caldo di oggi che, sommato a quello di ieri a Masada e nel deserto, ci ha cotti ben bene, sarà la stanchezza accumulata nei giorni scorsi ed oggi in particolare, sarà perchè oggi abbiamo visitato veramente tanti luoghi, ma San Pietro in Gallicantu, con il senno del poi, l’avrei omessa

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Pellegrinaggio in Terra Santa 2018 – Appunti di viaggio (parte 4)

Dopo Masada si va verso Qaser El-Yahud, sulle rive del Giordano, il luogo del battesimo di Gesù, che è anche il luogo, confesso la mia ignoranza, l’ho scoperto solo ieri, in cui, dopo la morte di Mosè gli Ebrei fuggiti dall’Egitto entrano finalmente nella Terra Promessa guidati da Giosuè, dirigendosi verso Gerico. Giusto per presentarsi e farsi subito ben volere, città distrutta, così, per dire “buongiorno, siamo qui”
Dopo il pranzo a Gerico, si va a Betlemme. Si passa prima per Beit-Sahour, il campo dei pastori, il luogo in cui, secondo la tradizione, l’Angelo si è mostrato ai pastori per annunziare la Buona Novella della nascita di Gesù. Da lì alla Basilica della Natività, per gran parte, finalmente, libera dalle impalcature con gli splendidi mosaici che decoravano le pareti delle navate finalmente visibili. 
Al di là dell’aspetto religioso, che pure per noi è prioritario, val la pena venire qui ed ammirare queste meraviglie artistiche. E’ singolare pensare che dobbiamo tutto ciò all’Autorità Nazionale Palestinese. Le condizioni della Basilica erano pessime e, secondo le migliori tradizioni, le varie confessioni cristiane che gestiscono gli spazi litigavano fra loro per decidere a chi toccasse fare i lavori di restauro. Finchè i palestinesi non hanno “imposto” il restauro 
Quest’anno la fortuna è con noi. Nessuno in fila per entrare nella grotta della Natività, così che abbiamo avuto la possibilità di pregare sul luogo della nascita di Cristo e sul luogo ove fu “deposto su una mangiatoia”, come descritto nei Vangeli
Vivere qui, sul posto in cui sono accaduti, gli eventi descritti nei Vangeli è un’emozione che non riesco a descrivere compiutamente. Ho paura di essere troppo retorico o troppo scontato o di usare una terminologia banale. Dico solo che, spiritualmente ed emotivamente, è un pugno nello stomaco. Quando torni a casa non sei più lo stesso

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