Archivi del mese: Giugno 2019

Grazie a Luca Bottura

Grazie a Luca Bottura per questa lettera aperta. Finirà prima o poi questa ondata di bestialità che pervade i social, la nostra società ne è ormai “inzuppata”. E quando tutto questo finirà, perchè finirà prima o poi, mi auguro che tanti dei leoni da tastiera che blaterano insulti indegni di un essere umano spariscano dai radar, vergognandosi di ciò che hanno pensato, detto, diffuso. Salvare una vita umana viene prima di ogni legge, ricordiamolo sempre

 

Dai, che adesso sei contento.
La figlia di papà, la zecca rossa, la rasta… hai visto come stava bene sulla macchina della Gdf?
Ti è piaciuto vedere l’agente che le spingeva la testa verso il basso, come si fa coi criminali veri?
Tu, bandierino social, fenomeno da tastiera, concentrato di livore, quello che “aiutiamoli a casa loro” e poi se li aiutano “ma perché non si fanno i cazzi loro?”.

E anche tu, giornalista più o meno celebre, che la sera in tv metti la giacca e la cravatta, partecipi al grande talk unico in cui tutto formalmente sembra normale, e invece inocula paura solo per trarne un misero tornaconto personale.
E tu, pompiere intellettuale, diportista a morale alterna, che – per carità – mica è sessismo, se le augurano di finire impalata per una parte precisa del corpo. Sono i social cattivi. Ma poi sui social sgangheri, vilipendi, ti accanisci sui deboli.
E pure tu, carne da cannone della propaganda, del gioco al ribasso sempre e comunque, del buono trasformato in buonista per potergli dare del coglione.

Tu che “ordine e disciplina”, ma per gli altri.
Tu che quando c’era l’Apartheid… beh, lo diceva la legge. Che quando l’amico del duce gasava le sue vittime… beh, c’era una legge. Che quando un partito truffa lo Stato… eh, aspetta un attimo… “la legge è uguale per gli altri”.
Sei contento, dai. Tanto contento.
Ora che una ragazza che per 1500 euro al mese ha rischiato la galera, l’ha trovata, mentre le davi della figlia di papà…

Siamo un Paese più equo, meritocratico, moderno.
Ricco. Soprattutto onesto.
Non abbiamo più quattro Regioni – a crescere – in mano alla ‘ndrangheta, alla camorra, a Cosa Nostra.

Tuo figlio non dovrà emigrare perché lo sorpassa qualche raccomandato, e ti dà fastidio solo perché non sei tu.
I tuoi concittadini non ti metteranno più le mani in tasca tenendosi nella medesima 180 miliardi l’anno di nero, quelli con cui tuo figlio lavorerebbe al Mit di Roma. Che sarebbe più ricco e famoso di quello di Boston.

Nessuno ti ruberà più il lavoro.
Nessuno insidierà le tue donne. Potrai insidiartele da solo, come sempre. Appunto perché pensi siano tue.
Nessuno commetterà reati. Anche se… lo sai che gli immigrati regolari in carcere, percentualmente, sono MENO degli italiani?

E quando ti accorgerai come sempre che ti hanno preso per i fondelli, che il tuo Capitano poteva ridistribuire i migranti in Europa ma non si è mai presentato per chiederlo, perché gli servono così, gli servi così, impaurito e ubbidiente… sarai ancora una volta quello che non sapeva, che se c’era dormiva, come in quel vecchio film di Toto e Fabrizi: “Sempre stato anti, io”.

Quel giorno forse un po’ ti vergognerai.
O forse no.
Perché questo è forse l’unico caso nella storia in cui il problema potrebbe davvero essere ben altro.
Ma la verità è che il problema sei tu.

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Aiuto, mancano medici specialisti!!

Considerata la carenza di medici specialisti, in particolare ortopedici, in Molise vengono precettati i medici militari per evitare la chiusura dei reparti
Ed ecco che i nodi vengono al pettine. Tra disamoramento per le restrizioni imposte al nostro lavoro, sovvertimento del nostro ruolo (non più medici, ma ragionieri), numero chiuso all’Università nonostante fosse semplice ipotizzare che intorno al 2020 ci sarebbe stato un gran numero di medici prossimi alla pensione, e nessuno all’epoca avrebbe ipotizzato l’introduzione di quota 100, riduzione dei posti alle scuole di specializzazione, era abbastanza facile prevedere la carenza di medici intorno al 2020. 
Forse non era ipotizzabile immaginare che alcune scuole di specializzazione avrebbero avuto una riduzione ulteriore del numero di iscritti, ortopedia fra queste. Non credo sia un caso, dato che noi ortopedici siamo fra le specializzazioni più soggette a denunce, il più delle volte infondate, da parte dei pazienti, con costi dei premi assicurativi fuori dal mondo: a me, che non sono ospedaliero e non ho incarichi apicali, è stato proposto un costo per l’assicurazione da responsabilità professionale fra 13 e 16000 (si, avete letto bene, sedicimila) euro annui. Quanto dovrei fatturare e quanti interventi chirurgici dovrei fare per rientrare di questa spesa, considerando che la mia tassazione viaggia sul 50% di aliquota? E come fa un collega, appena specializzato, a caricarsi una “tassa” mensile di 1300 euro “a prescindere” da quanto possa lavorare? Ma si sa, chi scrive le leggi difficilmente ascolta gli operatori del settore. Purtroppo, alla fine, chi ci rimette è l’utente. E, considerando i tagli che inevitabilmente ci saranno per rientrare dalle “fantastiche” politiche economiche dei nostri governanti, è facile ipotizzare che l’offerta di sanità pubblica scenderà ancora
Mala tempora currunt

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Girovagando per la Val d’Orcia. L’Abbazia di Sant’Antimo

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Sant’Antimo è un’antichissima Abbazia abitata nei secoli dai monaci benedettini. La Chiesa attuale è stata edificata all’inizio del XII secolo, ma le origini dell’Abbazia sono molto più antiche. La leggenda fa risalire la fondazione di Sant’Antimo al IX secolo, all’epoca del Sacro Romano Impero, guidato dall’imperatore Carlo Magno, ritenuto il fondatore di una cappella, detta Cappella Carolingia, corrispondente all’attuale sagrestia. Certamente l’Abbazia esisteva nell’anno 814 quando l’imperatore Ludovico il Pio, successore di Carlo Magno, emana un diploma che la arricchisce di beni e privilegi. Il grande cantiere per l’edificazione della chiesa attuale prende avvio nel XII secolo, come testimoniato dalla Charta Lapidaria, un’iscrizione collocata nei gradini dell’altare maggiore che ricorda la donazione elargita all’abbazia dalla famiglia degli Ardengheschi nel 1118. Questo anno segna l’inizio del periodo di maggiore splendore di Sant’Antimo che diviene uno dei più ricchi e importanti monasteri della regione dal quale dipendono numerose pievi, castelli e poderi.

In epoca comunale, però, l’abbazia perde alcuni dei propri possedimenti, tra cui il castello di Montalcino che, a causa della sua posizione strategica, è uno degli obiettivi delle mire espansionistiche della città di Siena nella toscana meridionale. Alla fine del XIII secolo i beni di Sant’Antimo sono ormai decimati e il monastero si trova in uno stato di decadenza. Per sanare questa situazione di degrado, Papa Nicolò IV ad affida l’abbazia ai Guglielmiti, un ordine benedettino riformato. Nonostante l’intervento papale, Sant’Antimo ha perso il suo antico splendore e, nel 1461 Papa Pio II sopprime l’abbazia incorporandola nella nuova Diocesi di Montalcino e Pienza. Nel XV secolo l’abbazia si trova in uno stato di abbandono: molti edifici del chiostro sono crollati e le pietre vengono reimpiegate nella costruzione del borgo di Castelnuovo dell’Abate. Solo nel 1870 inizia una lunga campagna di restauri guidata dall’architetto Giuseppe Partini che riporta la chiesa all’aspetto attuale.

(dal sito http://www.antimo.it/abbazia.html )

 

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