Archivi del mese: Dicembre 2020

A proposito di cashback

 

Mi è capitato, scorrendo velocemente i post di ieri su Facebook, di leggere tante riflessioni di negozianti che si sono affrettati, bontà loro, a informare il popolo dei clienti che il cashback di cui tanto si sta parlando è in realtà una grossa fregatura. Non sarebbe vero che la restituzione del 10% di quanto speso, massimo 150 euro di reso per almeno 10 acquisti fino alla fine dell’anno per una spesa totale massima di 1500 euro, sia una convenienza per l’acquirente, ma in realtà una grossa fregatura. E giù spiegazioni su spiegazioni che mi ricordano tanto i discorsi del conte Mascetti in Amici miei (la supercazzola con scappellamento a dx). Non parliamo poi delle voci che si sono alzate e che, ne sono certo, si alzeranno ancora più forti contro la lotteria degli scontrini, che addirittura sarebbe immorale
Su una cosa sono d’accordo: coloro che si sono scagliati contro l’app Immuni perchè lesiva della privacy e che hanno scaricato invece l’app IO necessaria per il rimborso del cashback sono degli emeriti “coglioni” (l’epiteto non è mio originale, ma l’ho letto, come ti sbagli, sulla pagina di un fan di Salvini). E in effetti la definizione, non molto signorile, coglie nel vero. Vi scagliate contro Immuni per difendere “la libertà”, “la privacy”, il diritto di scelta e altre amenità simili, e poi consegnate dati che più sensibili non si può: numero di carta di credito, IBAN del conto corrente, preferenze negli acquisti, negozi preferiti e via dicendo.
Qualcuno ha scritto che la privacy degli italiani vale 150 euro. Considerando che Immuni, se fosse stata scaricata da almeno il 70% della popolazione, avrebbe consentito probabilmente un miglior tracciamento dei casi di Covid, permettendo così di salvare un po’ di persone (con oggi oltre 62000 morti) e che invece IO permette di avere 150 euro di rimborso sulle spese fatte con bancomat e carte di credito, si può dire che molti hanno valutato la loro vita 150 euro. Che tristezza!
Tornando ai negozianti, mi viene in mente una ipotesi, che personalmente ritengo essere non realistica ma reale, sul loro essere contro i pagamenti tracciabili, e prendo spunto dalla mia attività di medico. Forse non tutti sono informati sul fatto che le spese sanitarie, per essere detraibili fiscalmente, da quest’anno devono essere tracciabili (pagamenti con bancomat, carte di credito, assegni, bonifici). Per tale motivo, come molti colleghi che fanno attività privata, ho comprato un lettore che consente al paziente di pagare elettronicamente. Come si comprende facilmente, a tale pagamento, tracciato, segue fattura, che deve essere perfettamente corrispondente. Alla fattura, a tempo debito, come ovvio che sia, seguirà pagamento delle tasse. Non è che, niente niente, la campagna contro il cashback è in realtà una campagna per favorire l’evasione fiscale? Diceva un noto politico, passato da un po’ a miglior vita, che a pensare male si fa peccato ma spesso si ha ragione ….
E’ meraviglioso osservare che, a fianco dei negozianti (non tutti ad onor del vero, non voglio generalizzare) si sono schierati lavoratori del pubblico impiego, che pagano le tasse fino all’ultimo centesimo, disoccupati, giovani precari. Persone che avrebbero tutto da guadagnare se tutti pagassimo le tasse, basta solo fermarsi un attimo e far funzionare il cervello. E’ bello strepitare che servono soldi per la sanità, per i servizi, per le pensioni, per aumentare gli stipendi … sarebbe altrettanto bello se si riflettesse che i soldi che lo Stato stanzia per sanità, servizi, pensioni, stipendi provengono proprio dalle tasse che tutti, e ripeto TUTTI, dovremmo pagare. Se così fosse, verosimilmente tutti pagheremmo di meno ed avremmo sanità e servizi migliori, stipendi e pensioni più alti.
Volevo ricordare che le stime ufficiali tarano intorno ai 120 miliardi di euro l’evasione annua in Italia e che gli sforamenti del bilancio autorizzati dal Parlamento per quest’anno, a causa dalla pandemia in atto, si aggirano su poco più di 80 miliardi, se non ho sbagliato i conti. Credo sia importante ragionare su queste cifre, non sull’app IO e sulla sua utilità

Related Images:

Ti piaciru i crispeddi?

Homo regginus emigratus l’8 dicembre. Si appresta a preparare (vestito rigorosamente in amaranto), per devozione e tradizione, l’impasto delle crispelle che verrà lasciato a lievitare. Dopo un’ora e mezzo inizia il rito: prima semplici con zucchero e cannella, le seconde con miele, poi con ricotta e alla fine le mie preferite, con le alici. Grazie alla sacerdotessa della frittura (mia moglie, santa donna)

 

Evoluzione del pranzo

 

Risultato finale?

Related Images:

Il cielo di Roma, stanotte (di Luca Laurenti)

IL CIELO DI ROMA, STANOTTE
Mia madre non sta bene.
Decidiamo con molta fatica e preoccupazione di portarla al pronto soccorso del S. Camillo dove è seguita da anni.
Il cuore fa le bizze, non possiano tergiversare.
È ora di cena.
Le strade sono libere.
Pochi passanti.
Viale Trastevere é incredibilmente vuoto e buio.
La luce fioca dei lampioni si riflette sull’asfalto bagnato, poche insegne luminose, qualche passante frettoloso.
Arriviamo all’ingresso del PS.
Ci misurano la febbre ed entriamo.
Pochi metri e siamo al PS.
Siamo soli in sala d’attesa.
Davanti a noi un corridoio, in fondo il triage.
Voci lontane, sanitari in visiera senza volto che si affannano intorno a letti e barelle su cui sono adagiati corpi umani senza forma.
Mani e braccia grinzose si levano verso il soffitto insinuandosi tra lenzuola bianche e teli verdi.
Sono tutti anziani, tutti, presumo, Covid.
Un’atmosfera irreale.
Aspettiamo.
Mia madre si guarda intorno con aria spaesata.
Sento il suo respiro affannato dentro la mascherina.
Le accarezzo la mano per rassicurarla.
Passano i minuti.
Nessuno.
Arriva un’ambulanza.
I suoi fari rompono il buio della notte.
Si aprono gli sportelli posteriori.
Una barella.
Una anziana signora distesa sul fianco protende una mano all’esterno e con l’altra si regge sul volto la mascherina.
I due barellieri accostano la barella al muro.
La lasciano un attimo, entrano nella sala, poi tornano.
L’anziana, signora, si toglie la mascherina e tenta di toccare il volto della giovane ausiliaria che insieme al collega l’ha accompagnata fino al PS.
“Voglio farvi pubblicità”, dice con un filo di voce.
“Siete stati due angeli, lo dico a tutti”.
La giovane donna sorride.
Le accarezza I capelli.
Ha uno sguardo dolcissimo.
Si capisce che è emozionata e commossa.
“Adesso le facciamo il tampone. Non deve avere paura. Le tengo la mano mentre lo fa. Va bene?”
L’anziana annuisce e vedo le sue dita scarne che si avvinghiano al polso del suo angelo in tuta gialla.
Un lungo cotton fioc le penetra nel naso.
Pochi secondi e tutto finisce.
L’infermiera in uniforme stile robocop si avvicina a mia madre.
” Tocca a lei, signora”.
Abbasso la mascherina di mamma.
Anche lei artiglia il mio polso.
Gli occhi le si riempiono di lacrime mentre il cotton fioc le rivista nella narice.
Anche per lei dura pochi secondi.
Poi tutti si allontanano mentre altri due infermieri portano via la barella con l’anziana signora.
Di nuovo silenzio.
Arrivano altre ambulanze, una dopo l’altra.
Stavolta i pazienti entrano dall’ingresso covid.
Una donna in tuta su una barella in mezzo alla stanza triage grida aiuto.
Vuole sapere che ne sarà di lei, ma nessuno le dà retta.
Qualcuno finalmente si avvicina per spiegarle che non le faranno nulla prima del risultato del test covid.
Lei si placa, ma si guarda intorno spaesata.
La sua barella ingombra, ma non si sa dove metterla.
Non c’è posto.
Alla fine riescono a spostare due lettini dove due corpi raggrinziti giacciono inerti e lei viene spinta contro un muro tra i due.
Scompare alla mia vista e le sue grida si affievoliscono.
Mamma continua a guardarsi intorno sempre più attonita.
Arrivano altre ambulanze.
Anziani, sempre anziani.
Guardo l’orologio.
È passata un’ora.
Arriva un’infermiera.
Ha un blocco in mano.
Attraverso la visiera riesco a vedere i suoi occhi stanchi incastonati da occhiaie scure.
Infila l’indice di mamma nel saturimetro e intanto mi chiede i dati anagrafici.
Qualcuno la chiama.
Scappa via.
Poi torna e registra i valori.
Mi avverte che mamma dovrà stare da sola.
Ci contatteranno sul cellulare per darci notizie.
Le spiego che mia madre non può stare da sola, lei alza le braccia e mi indica la sala.
“Nessuno di loro può stare da solo. Ma non c’è scelta”.
Mi viene un crampo allo stomaco.
Mamma mi guarda e nei suoi occhi leggo angoscia e terrore.
Non so come spiegarglielo.
L’infermiera scappa di nuovo.
Io comincio a sfilare l’orologio dal polso ossuto di mamma, poi prendo il portafoglio e il cellulare mentre il cuore mi scoppia.
L’infermiera torna, sembra voglia parlarmi.
“Le posso dare un consiglio? La porti via. Glielo dico come fosse mia nonna. I valori sono sotto controllo. La porti via di qua. Guardi come stiamo messi. Sono tutti malati covid. La porti a casa sua. Domani la fate vedere da un cardiologo. Non la lasci soffrire qui da sola”.
Quasi la bacerei, mentre pronuncia le parole che mi liberano da un’angoscia che non riesco più a contenere.
Mamma mi guarda.
La sua muta supplica si unisce a quella di tutti gli altri corpi, alle grida disperate, alle mani levate al cielo, agli sguardi dove puoi scorgere la profondità di abissi senza fondo.
È un attimo.
Siamo già fuori.
Passiamo con la macchina davanti a una fila di auto parcheggiate ordinatamente una vicino all’altra.
Nel buio degli abitacoli scorgo figure silenziose, immobili, volti scuri rivolti verso l’ingresso del PS.
Sono i parenti di quei corpi soli strappati da un subdolo virus all’affetto dei propri cari.
Immagino la loro disperazione, il senso di colpa, la paura, l’angoscia di non poter fare nulla, di non sapere cosa stia succedendo là dove non possono vedere quelle dita che cercano qualcosa in alto, verso il soffitto, verso il cielo.
Lo strazio che provo mentre li guardo ormai dallo specchietto retrovisore è terribile.
Ma già sento mia mamma che grida felice “che meraviglia” mentre le luci delll’isola Tiberina ci accolgono rassicuranti e poi piazza Argentina, il Campidoglio, piazza Venezia con l’albero di Natale quasi completato.
Il suo respiro è più regolare, ora.
“Che meraviglia”, esclama rapita ogni pochi metri e i suoi occhi brillano in una notte di coprifuoco così diversa dalle altre, così buia e silenziosa.
Le strade sono vuote, potrei aumentare la velocità, ma non lo faccio.
Voglio ascoltare il suo continuo “che meraviglia”, voglio prolungare la sua felicità.
Voglio che non si senta sola.
Voglio vedere le sue dita che indicano ora qua, ora là.
Voglio vederla sorridere.
Perché il suo sorriso possa arrivare fin laggiù, fino ad accarezzare quei volti negli abitacoli delle auto e ancora più oltre, fino a stringere quelle mani grinzose protese verso un cielo senza stelle e senza amore.
Il cielo di Roma, stanotte.
Luca Laurenti

Related Images: