Archivi del mese: Marzo 2023

Nausea, profondissima nausea

Mi fa piacere condividere un articolo letto sulla edizione odierna di Repubblica. Rispecchia il mio pensiero, le mie sensazioni, che io avrei riassunto in una sola parola: nausea, profondissima nausea
Salvini, Meloni e il karaoke: se a morire è la vergogna
di Stefano Cappellini
Un Paese sulle cui coste naufraga un barcone di migranti, decine di morti e di dispersi, tanti bambini. Un tragedia evitabile, visto che le ricerche e i soccorsi sono partiti con inspiegabile ritardo nonostante le segnalazioni. Un governo che nega ogni responsabilità, anche a dispetto di buchi e incongruenze, giorno dopo giorno così impreparato, sguaiato e imbarazzante da rasentare l’autoparodia della destra più becera quando ha a che fare con l’immigrazione.
Se un gruppo di sceneggiatori si fosse seduto intorno a un tavolo per inventare delle scene al solo scopo di denigrare Meloni e soci, avrebbe fatto fatica a tenere dietro a quello che è accaduto nella realtà. Il giorno dopo la strage il ministro dell’Interno va sul posto e dice che la colpa di chi è morto, che se fuggi dal tuo Paese su una barca te la sei andata a cercare.
Le bare dei migranti morti, anche quelle bianche dei bambini, restano allineate in un palazzetto senza che nessun esponente del governo, Meloni inclusa, senta il dovere di presentarsi al loro cospetto. Tocca al presidente della Repubblica Sergio Mattarella fare il supplente della dignità che manca al governo.
Quindi, per simulare uno straccio di empatia con la tragedia, il governo organizza un Consiglio dei ministri a Cutro, sul luogo della strage. Però in conferenza stampa la presidente del Consiglio perde la calma, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, al suo fianco, passa gran parte del tempo sul cellulare a fare smorfie e nessuno fa visita ai parenti delle vittime anche se sono lì, a poche centinaia di metri da loro.
Infine, l’ultimo affronto. E qui bisognerebbe immaginarselo davvero, il gruppo di sceneggiatori al lavoro. Prende la parola lo sceneggiatore più giovane e inesperto: secondo me, dice, non può finire così, scriviamo un’ultima scena in cui il giorno dopo la finta contrizione vanno tutti a sorpresa alla festa di compleanno del ministro, quello che giocava col cellulare. Gli altri autori ascoltano perplessi. Prosegue il ragazzo: alla festa, tra frizzi e lazzi, a un certo punto la presidente del Consiglio e il ministro che fa le smorfie fanno un karaoke abbracciati e cantano un brano su una giovane che muore affogata.
Gli altri si guardano contrariati: no dai, il karaoke con la canzone sull’annegata no, c’è un limite, è una trovata veramente di bassa lega, a questa non crede nessuno, cerchiamo di non esagerare, ché poi sembra il solito film di sinistra sui politici di destra che disprezzano i migranti. Per questo, quando si guarda e riguarda il video della festa dei 50 anni di Salvini, con Meloni e il vicepremier che cantano abbracciati La canzone di Marinella, viene da pensare che è morta la satira, è morto il cinema ed è morta pure la vergogna.

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La speranza infranta sulle onde

La tragedia dei migranti a Crotone nelle parole dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice, che condivido in toto e a cui va il ringraziamento più commosso:
**Quel che è avvenuto a Cutro non è stato un incidente, bensì la naturale conseguenza delle politiche italiane ed europee di questi anni. Il ministro Piantedosi ha ribaltato la colpa sulle vittime.
I 63 morti di Cutro, fratelli e sorelle sfiniti dalla sofferenza della fuga da una patria martoriata e ingoiati dalle onde del nostro mare in un ultimo, disperato combattimento, hanno tentato fino all’ultima bracciata, fino all’ultimo respiro di sfiorare con le dita la speranza che fin qui avevano inseguito: toccare terra in un luogo capace di salvarli e di accoglierli.
La speranza di una terra diversa da quella che tragicamente avevano dovuto abbandonare perché incapace di assicurare il diritto alla vita e alla sicurezza dell’umanità in quanto tale. Non hanno riconosciuto, i nostri fratelli pakistani, afghani, iraniani, siriani, nell’orizzonte freddo della costa, avara di aiuti e incapace di cura per l’unicità preziosa delle loro vite, non hanno riconosciuto questa diversità della nostra terra rispetto a quella che li ha scacciati, perseguitati, minacciati, costretti all’esilio.
Ci avrebbero chiesto, se fossero riusciti ad approdare – ce lo chiedono gli occhi sgomenti, atterriti dei sopravvissuti – su cosa fondiamo oggi noi europei, noi occidentali, la promessa che abbiamo fatto quando abbiamo scritto la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo.
Ci avrebbero chiesto – e ora tocca a noi, da cittadini, da cristiani, chiedercelo e chiederlo a nome di ognuno di loro ai Governi italiano ed europeo – se abbiamo compreso che quella promessa l’abbiamo fatta innanzitutto a coloro che ancor oggi scappano dai luoghi in cui questi diritti sono sconosciuti, violati, e se ci siamo resi conto che lasciandoli morire li abbiamo violati noi stessi, per primi.
Non è solo dinanzi a quello che è accaduto in Calabria che ci sentiamo di dover fare questa affermazione, ma anche e soprattutto dinanzi alla negazione delle responsabilità, alla gravità della loro elusione, alla mancanza di consapevolezza politica ed umana da parte delle istituzioni nazionali ed internazionali impegnate solo a stringere accordi con paesi come la Libia per trattenere e sospingere i migranti in veri e propri campi di concentramento.
Non c’è spazio oggi per i qualunquismi: è tempo per tutti noi di rifuggire con chiarezza da ogni narrazione tesa a colpevolizzare l’anello più debole della società. La responsabilità è nostra: quel che è avvenuto a Cutro non è stato un incidente, bensì la naturale conseguenza delle politiche italiane ed europee di questi anni, la naturale conseguenza del modo in cui noi cittadini, noi cristiani, malgrado il continuo appello di Papa Francesco, non abbiamo levato la nostra voce, non abbiamo fatto quel che era necessario fare girandoci dall’altra parte o rimanendo tiepidi e timorosi.
Il culmine simbolico di tutto ciò è stata la dichiarazione resa dal ministro Piantedosi, un uomo delle istituzioni che ha prestato il proprio giuramento sulla Costituzione italiana – la stessa Costituzione che prima di ogni altra cosa riconosce e garantisce quei diritti inviolabili dell’uomo –, il quale ha ribaltato la colpa sulle vittime. Come mi sono già trovato a dire, durante la Preghiera per la pace del 4 novembre 2022, rischiamo tutti di ammalarci “di una forma particolare di Alzheimer, un Alzheimer che fa dimenticare i volti dei bambini, la bellezza delle donne, il vigore degli uomini, la tenerezza saggia degli anziani. Fa dimenticare la fragranza di una mensa condivisa”.
Come cristiani, memori della parola del Vangelo del Messia che si è fatto povero e ha sposato la causa dei poveri, insieme alle donne e agli uomini di buona volontà e alle numerose associazioni umanitarie impegnate nel Mediterraneo e sulle rotte di terra, crediamo che sia necessario rispondere ai tanti interrogativi ancora aperti sul naufragio di Cutro e che venga dissipato ogni equivoco sulla gravissima responsabilità di chi non soccorre i naufraghi lasciandoli morire in mare. Si aprano una volta per tutte i tanto attesi corridoi umanitari, si agisca sul diritto di asilo, si lavori sull’integrazione. Facciamo insieme di questa nostra terra un giardino fecondo di vita, in cui celebrare e sperimentare la convivialità delle differenze.**

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