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Lettera di un papà (da “Scout: si impara da piccoli a diventare grandi”

Lettera di un papà.
Qualcuno mi ha chiesto: “Perché sprechi tempo ed energie per far stare i tuoi figli negli Scout, fare attività e partecipare ai campi?”
La mia risposta è stata:
“Bene, ho una confessione da fare, non pago e uso del mio tempo affinché i miei figli indossino un’uniforme e frequentino le attività. Sai perché sto investendo?
Perché i miei figli imparino ad essere disciplinati.
Perché i miei figli imparino a prendersi cura del loro corpo e della loro mente.
Perché apprezzino e valorizzino la natura.
Perché i miei figli imparino a lavorare con gli altri e siano buoni compagni di squadra.
Per sviluppare la loro creatività.
Perché i miei figli imparino ad affrontare la delusione quando non ottengono ciò che si aspettavano, scoprendo che la chiave è lavorare ancora di più.
Perché imparino a raggiungere i loro obiettivi.
Perché i miei figli capiscano che ci vogliono ore e ore di duro lavoro e allenamento per ottenere risultati e che il successo non avviene dalla notte alla mattina.
Per l’opportunità che avranno i miei figli di fare amicizie che dureranno per tutta la vita.
Perché i miei figli imparino e lo facciano non davanti alla TV.
Per quei momenti in cui i miei figli tornano così stanchi che vogliono solo andare a riposarsi e non pensando e non avendo tempo di andare in giro a bighellonare o per prendere brutte strade.
Per tutti gli insegnamenti che questo grande movimento dà loro: responsabilità, servizio, impegno, civismo, rispetto, amore per la natura, convivenza, fede.
Potrei continuare, ma voglio essere breve; non pago per le attività scout, perché i Capi sono volontari e nel loro servizio offrono gratuitamente il loro tempo, la loro creatività la loro conoscenza e soprattutto il loro affetto e la loro pazienza.
Grazie per le opportunità offerte dagli Scout perché sviluppano qualità e competenze che si riveleranno molto utili nel corso della vita dei miei figli, dandogli possibilità di dare valore alla vita, costruendo un mondo migliore.

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Da Lampedusa con amore

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Omini ominicchi e quaquaraquà

Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia. Questo è il brano in cui il padrino mafioso Mariano esprime il suo rispetto per il protagonista del romanzo, il capitano Bellodi:
«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliaincxxo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.
E ancora più giù: i pigliaincxxo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo.»

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