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Il pilone calabrese del Ponte su una faglia attiva

Che io non sia favorevole al famigerato “Ponte” che dovrebbe unire Calabria e Sicilia, almeno per chi legge quel che pubblico, credo sia cosa nota. Oggi si apprende, da un articolo pubblicato su “la Repubblica” a firma di Alessia Candito, che riporto integralmente, che il pilone del lato continentale poggia su una delle faglie sismiche attive sulla costa calabrese. Esattamente uno dei motivi di perplessità sulla opportunità di sperperare soldi pubblici in un progetto che presenta lacune su lacune, a cui la stessa società “Stretto di Messina” ha difficoltà a rispondere nel merito. E’ normale a questo punto chiedersi: perchè ci si intestardisce su questo progetto? E’ solo per la mania di grandezza del ministro Salvini? E’ per incompetenza? Per qualcos’altro che non sappiamo o che non siamo in grado di immaginare?
Buona lettura
Ponte sullo Stretto, nuovo allarme: “Il pilone calabrese sulla faglia attiva”
di Alessia Candito
Che la società Stretto di Messina da decenni immagini di piazzare il Ponte nella zona più sismica del Mediterraneo è cosa nota. Ma che il futuro pilone calabrese, così come i punti di ancoraggio, quanto meno da progetto, poggino esattamente su una faglia attiva è dettaglio inedito. «Una scelta tecnicamente senza logica» per l’ingegnere Paolo Nuvolone, che per il Comune di Villa San Giovanni si occupa da consulente volontario del ripascimento e recupero delle coste e adesso, insieme a due geologi, sta lavorando a una relazione tecnica che l’amministrazione della città ha intenzione di consegnare in tempi brevi alla commissione del ministero dell’Ambiente che dovrà valutare il progetto.
Sono gli stessi tecnici che con 42 pagine fitte di oltre 240 osservazioni, richieste di integrazioni e correzioni hanno rispedito al mittente il faldone aggiornato, messo insieme e presentato dalla Stretto di Messina. Una mole di materiale — ha finito per ammettere l’ad della società, Pietro Ciucci — che ci vorrà un po’ per produrre. «Almeno quattro mesi», ha detto a denti stretti, con consegna annunciata per «metà settembre 2024».
E che rischia di slittare a data da destinarsi se i tecnici dovranno provare a immaginare una soluzione al problema della faglia. O meglio delle faglie, perché in zona ce ne sono cinque. Tutte attive. E tutte non solo sono perfettamente identificate, con tanto di nome, coordinate e localizzazione, persino visualizzabili su mappa sul sito dell’Ispra, che ne racconta storia e caratteristiche.
Tutte quante dovrebbero essere assolutamente conosciute al ministero dei Trasporti di Matteo Salvini, che del Ponte ha fatto il suo cavallo di battaglia. Nel 2008, Ithaca, il progetto di microzonazione che le ha mappate, lo ha voluto proprio il Mit.
Avrebbe dovuto essere uno strumento per mettere in sicurezza il territorio, evitare la cementificazione di aree a rischio, anche obbligando le amministrazioni a bloccare nuove edificazioni, recuperare quelle già costruite e addirittura mettere in cantiere lo spostamento di infrastrutture.
Peccato che a sito pubblicato e risultati noti proprio nella zona attraversata da una delle faglie sia stato piazzato quello che a Villa San Giovanni si conosce come “il sarcofago” o “catafalco”. Nelle intenzioni, un raccordo necessario per spostare la ferrovia e far spazio al futuro pilone. Di fatto è rimasto un mozzicone di galleria affacciato sul nulla. E per un tecnico, che sia stato piazzato lì dove la terra si muove ancora, è visibile a occhio nudo. «La scarpata che si vede a ridosso della variante è chiaramente un prodotto di faglia», osserva Nuvolone.
Quello che non è spiegabile, sottolinea, è «come sia stato approvato quel progetto. Secondo le linee guida contenute nella relazione di accompagnamento al censimento e la normativa che in seguito è stata prodotta, in quella zona non avrebbero potuto costruirci neanche una casetta, figuriamoci una maxiopera come il Ponte».
Motivo? La faglia è una spaccatura risultato di un antico movimento sismico e negli anni — anzi, nei secoli — non rimane uguale a se stessa. Continua a muoversi. La più pericolosa della cinque che ricadono nella zona di Villa San Giovanni si chiama “Cannitello”, ma va molto oltre l’area sottostante l’omonimo salotto buono estivo della città. «È il risultato del devastante terremoto del 1783, quando crollarono otto fronti di montagna tra Scilla e Punta Pezzo. In questa zona la collina si è letteralmente spaccata in due ed è esattamente lì che dovrebbe essere collocato il pilastro calabrese del Ponte».
Un’altra faglia passa in prossimità di Forte Beleno, nella parte alta della città, dove — quanto meno da progetto — dovrebbero esserci i cosiddetti “punti di ancoraggio” del Ponte. E queste sono solo alcune di quelle attive in zona.
Com’è possibile che non siano neanche menzionate nel progetto presentato dalla società Stretto di Messina? Che qualcosa non tornasse sull’aspetto sismico, i commissari del ministero se ne sono accorti subito. Non a caso alla società hanno chiesto di presentare studi, proiezioni di scenario e modelli di rischio in caso di terremoti e maremoti che interessino tutta la futura zona di cantiere. Ma a Villa San Giovanni c’è preoccupazione. E si è deciso di accelerare.
Tra lunedì e martedì dovrebbe essere formalmente presentato l’elaborato che individua tutte le faglie, mostra come di fatto siano in larga parte sovrapponibili ai cantieri e segnala i rischi collegati. Ma la sindaca Giusy Caminiti già si è mossa. Nel corso di un’interlocuzione informale con i tecnici della commissione Via ha annunciato la produzione della nuova relazione e anticipato in parte i contenuti. E avrebbe provocato non poco scompiglio. Commenti ufficiali non ce ne sono, ma nei corridoi si sussurra: «Alla “Stretto” dovranno quanto meno provarci a spiegare in modo logico il perché si insista nel piazzare un’opera dove non si può costruire».”

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Ponte sullo Stretto, lo stop del ministero dell’Ambiente all’iter voluto da Salvini: “Documenti carenti, datati e in alcuni casi illeggibili”

di Alessia Candito, Antonio Fraschilla (da la Repubblica del 16-4-2024)

Una letterina di quarantadue pagine inviata dal ministero dell’Ambiente guidato di Gilberto Pichetto Fratin al ministero Infrastrutture e alla società Stretto di Messina. Una letterina che chiede “solo “ 237 chiarimenti sul progetto definitivo del Ponte sullo stretto approvato di gran corsa dalla società guidata da Pietro Ciucci per rispettare i tempi imposti dal ministro Matteo Salvini che vuole aprire i cantieri della grande opera il più presto possibile. Ma i tempi della politica evidentemente non si sposano con quelli di chi poi deve dare il via libera vero al Ponte. Così ecco che il coordinatore della commissione di Valutazione impatto ambientale scrive che la documentazione presentata è carente. E di molto. In alcuni casi non si leggono nemmeno gli elaborati per un problema di “caratteri”, ma soprattutto mancano documenti e tanti: occorre rifare studi, analisi, spiegare bene le aree di cantiere, e rifare gli studi in caso di eventi di calamità naturali. Cose da niente tipo terremoti e maremoti. E, ancora, si scopre, che il progetto definitivo si basa in gran parte su relazioni vecchie di venti anni fa e non aggiornate.

Insomma, così come è questo progetto non sarà approvato a breve: da qui la richiesta di 237 chiarimenti del ministero dell’Ambiente che chiede di aggiornate lo studio di impatto ambientale, una nuova relazione generale di cantiere, la verifica del piano di utilizzo terre e rocce, altri studi sugli scenari sismici e di maremoto, documenti su qualità dell’aria. Per i tecnici del ministero la documentazione è vecchia e quindi non può essere analizzata al momento, considerando le nuove normative.

La replica di Ciucci: “Nessun passo falso, anzi, un altro importante passo avanti per la realizzazione del ponte sullo Stretto. Oggi è stata avviata la Conferenza di Servizi, con ampia presentazione del progetto da parte della Stretto di Messina e del Contraente generale Eurolink – ha spiegato Ciucci -. Le prime osservazioni accolte hanno riguardato proposte di migliorie, da attuare soprattutto in fase di cantierizzazione, a tutela della cittadinanza e dell’ambiente. Il progetto definitivo del ponte – ha replicato Ciucci alle osservazioni tecniche – rappresenta i massimi standard di ingegneria. Tutti i ponti sospesi a grande luce si rifanno al Messina Style. Oltre cento progettisti, professori e ingegneri di fama internazionale, 12 istituti scientifici e universitari nazionali ed esteri, 39 Società e Associazioni nazionali ed estere hanno contribuito al progetto del ponte sullo Stretto. Il progetto definitivo del ponte è stato predisposto e aggiornato dalla società danese Cowi, che progetta ponti sospesi in tutto il mondo. Nei 30 giorni previsti daremo tutte le integrazioni richieste”.

Costi e manutenzione

Ma si legge nella lettera del ministero dell’Ambiente: “Si richiede di specificare meglio la tipologia e varietà di costi di investimento, manutenzione e gestione dell’opera. E di aggiornare in modo coerente la durata temporale del monitoraggio post operam, che viene quantizzata in modo discordante nella documentazione presentata”.

Problema inquinamento

Oppure, prosegue la lettera inviata a Ciucci e Salvini: “Nello studio di analisi costi benefici si scrive che la valutazione delle esternalità negative causate dalla CO2 è stata effettuata utilizzando i valori indicati dalla Comunicazione Europea (2021/C 373/01) rivalutandoli e attualizzandoli. I valori indicati nel documento della Comunità europea sono da considerarsi come valori di minimo da utilizzare per monetizzare emissioni e riduzioni di gas a effetto serra e non rappresenta il valore del danno causato da queste emissioni. Si chiede di chiarire la metodologia adottata rispetto alla valorizzazione riportata nel documento e in rapporto all’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra e di neutralità climatica. E di specificare le azioni previste per il monitoraggio delle falde e dei pozzi che servono l’acquedotto della città di Messina, incluse le operazioni da mettere in atto in caso di contaminazione delle acque o abbassamenti delle relative superfici piezometriche; a tale scopo, le frequenze di monitoraggio in corso d’opera devono essere adeguate a cadenze ben inferiori ai tre/sei mesi (mensile o quindicinale), in modo da poter intervenire per tempo in caso di impreviste anomalie”.

Carte mancanti

In alcuni casi il ministero dell’Ambiente chiede della documentazione mancante: ”Come mai – si legge nella nota – nella Relazione del Progettista, la sistemazione proposta per la zona di Cannitello rappresentata nella relazione AD0001, non è più rappresentata nelle tavole? Si richiede di ripresentare un quadro dettagliato delle compensazioni previste rispetto agli impatti residui dell’opera non mitigati, per tutte le componenti ambientali, ivi comprese territorio e popolazione. Per ogni misura dovrà essere specificata su cartografia aggiornata la sua localizzazione, l’inserimento urbanistico e territoriale, l’attuale uso del suolo e la nuova destinazione, valutando gli eventuali impatti indotti dalla loro realizzazione sul territorio e sull’ambiente, e indicare le misure eventualmente necessarie per la loro mitigazione; dovrà inoltre essere trasmessa documentazione progettuale coerente con l’attuale livello di progetto definitivo”. E ancora: “Lo Studio di Impatto Ambientale, nel Quadro progettuale, non descrive il sistema di cantierizzazione limitandosi all’elenco delle aree di cantiere individuate”.

Carte illeggibili o datati

Alcuni documenti presentati dalla Stretto di Messina non era leggibili: “Molte tabelle dell’elaborato GER0330 relativo all’aggiornamento dello studio del traffico, risultano materialmente non leggibili per problemi di caratteri. Si chiede di produrre un documento revisionato”. La cantierizzazione, inoltre è “come era presentata nel 2011 ma non aggiornata neanche con le modifiche introdotte con la revisione 2012”.

Calamità naturali

Insufficienti anche gli elaborati in caso di terremoto e maremoto: “Si richiede di presentare un quadro aggiornato e congruente, approfondendo le condizioni di pericolosità da maremoto dell’area dello Stretto di Messina. Si richiede di presentare un quando aggiornato e congruente della definizione degli scenari di rischio sismico aggiornati in relazione allo stato attuale dei luoghi, alla fase di costruzione e allo stato post- operam”

Rischi per vegetazione e flora e ambiante marino

Infine non ci sarebbero analisi sufficienti sui rischi per animali e vegetazione: “E’ necessario effettuare l’analisi delle interferenze considerando un raggio più ampio e a partire dalla perimetrazione del cantiere e non dal centro. È necessario quindi rielaborare tutte le valutazioni alla luce di questi criteri. Il proponente prevede che in presenza di “situazioni di rischio, non meglio esplicitate, per la flora- vegetazione” “si sospenderanno immediatamente i lavori e si avviseranno tempestivamente gli Enti di controllo”. Si chiede di conoscere la mappatura dei rischi previsti e le misure di monitoraggio e allerta previsti, al fine di conoscere le ipotesi alla base di una sospensione immediata dei lavori”. E prosegue: “Il proponente dichiara che “La valutazione del disturbo indiretto generato dalla realizzazione delle opere in progetto sugli habitat marini di interesse comunitario – Banchi di sabbia a debole copertura permanente di acqua marina e Praterie di Posidonia (Posidonion oceanicae) è stata valutata nel complesso bassa ma richiede, in assenza di materiale bibliografico di riferimento, la predisposizione di approfondimenti conoscitivi”. Tuttavia, esistono abbondanti informazioni che evidenziano la presenza di habitat marini (inclusa la documentazione predisposta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel Rapporto ambientale del Piano di Gestione dello Spazio Marittimo Area Marittima Ionio e Mediterraneo Centrale), di una abbondante distribuzione; pertanto appare necessario integrare la valutazione di incidenza per questa componente, dovuti alla realizzazione in generale dell’opera del ponte sullo stretto, nelle diverse fasi ante, durante e post operam”.

Conclusioni

Per tutte queste premesse, la commissione Via in attesa delle risposte della Stretto di Messina, se queste non arriveranno in tempi brevi, potrebbe anche sospendere la procedura autorizzativa: “Alla luce delle integrazioni richieste, alla società proponente è richiesto comunque di fornire indicazioni chiare e precise in merito alla documentazione (già presentata) da considerare ancora valida ai fini delle valutazioni di competenza, evidenziando graficamente in modo idoneo le parti che sono state modificate o revisionate. In particolare, resta ferma la richiesta di un documento unitario contenente le risposte ad ogni singola richiesta di integrazioni e l’esplicazione delle modifiche documentali con il raffronto, ove necessario, con la versione originaria dei documenti emendati”.

La posizione del ministero dei Beni culturali

Ieri comunque è arrivata anche una lettera del ministero dei Beni culturali, anche qui con richiesta di chiarimenti e nuovi documenti ricordano che già il vecchio progetto era stato ritenuto “insoddisfacente per quanto attiene alle opere di compensazione con particolare riguardo a: – definizione degli interventi di “Recupero di beni storici e del tessuto edificato”; – interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica dei corsi d’acqua e dei relativi bacini idrografici, proposti riduttivamente come elementi puntuali e limitati prevalentemente alla manutenzione di manufatti esistenti”.

Le reazioni

Critico Angelo Bonelli di Alleanza verdi e sinistra: “La commissione tecnica VIA del ministero dell’Ambiente ha demolito il progetto definitivo sul ponte sullo stretto di Messina chiedendo 221 richieste di integrazioni. Dopo il comitato scientifico della società ponte sullo stretto, che aveva fatto 68 osservazioni contestando l’assenza di studi sismici e di prove del vento, arrivano le richieste di integrazione della commissione tecnica. Una domanda al ministro Salvini e all’ad della società stretto di Messina Ciucci: ma esiste un progetto definitivo? O quello che avete presentato è quello di 15 anni fa che era stato bocciato nel 2012 dal ministero dell’ambiente? Quello che sta accadendo con il ponte sullo stretto è gravissimo ecco perché ogni qualvolta ci saranno notizie e documenti utili li presenteremo all’autorità giudiziaria”.

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Ponte sullo Stretto, il progetto non convince i tecnici: perizie vecchie e analisi carenti. Preoccupa il transito dei treni

di Antonio Fraschilla (da “La Repubblica” del 15-4-2024

 

Mancata trasparenza degli atti, documenti vecchi di 14 anni e non aggiornati, carenza di analisi costi-benefici. Elaborati carenti e mancanza di un semplice computo metrico dei materiali per stabilire i reali costi dell’opera.

In commissione Via (Valutazione impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente, dove formalmente si è aperta la procedura per autorizzare il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto, come da elaborato aggiornato dai privati e approvato dalla Stretto di Messina spa, sono arrivate le prime osservazioni esterne. Osservazioni che smontano al momento l’iter voluto con forza e grande celerità dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini: il leader della Lega e vicepremier che non solo ha rimesso in vita il vecchio progetto berlusconiano e la vecchia gara caducata dal governo Monti, ma ha fissato tappe di marcia forzate e dai tempi strettissimi nonostante la grandezza e delicatezza di una opera mai vista al mondo. E cioè un ponte a campata unica di tre chilometri sul quale dovrebbero transitare sia auto sia treni.

La Città metropolitana di Reggio Calabria nelle sue osservazioni è molto dura: “Non risulta adeguata la trasparenza degli atti e non risulta reperibile l’atto di approvazione del progetto”, si legge nella relazione. Poi aggiunge: “Appare infatti evidente che l’assenza di qualsiasi livello di progettazione, e conseguentemente di previsione di tempi e costi, del raccordo ferroviario, rende l’intervento eventualmente funzionale solo al transito veicolare. Tale carenza inficia pesantemente l’attendibilità dell’analisi dei costi-benefici approvata dalla società concessionaria”.

La Città metropolitana calabrese fa anche le pulci alla relazione del progettista: “La relazione costituisce un mero rinvio al progetto esecutivo, con l’eccezione della proposta relativa all’illuminazione, delle criticità che hanno portato al giudizio di non ottemperanza del 2013. La relazione è una mera indicazione di possibili modalità di esecuzione di analisi ed indagini, in assenza delle quali, come già riportato nel parere del 2013 della commissione Vas non risulta possibile una adeguata valutazione di impatto dell’opera. Il progetto definitivo continua a essere carente di elaborati ed elementi di analisi obbligatori. […] A fronte della previsione di opere a mare sia permanenti che provvisorie di notevole rilevanza ed impatto, non risultano effettuate indagini batimetriche, sedimentologiche, geognostiche e sismiche nell’area di intervento, né studi meteomarini”.

Associazioni ambientaliste (Wwf, Lipu, Italia nostra, Kyoto Club, Legambiente) e comitati (No Ponte, Invece del ponte) hanno presentato una relazione di 536 pagine redatte da docenti ed esperti di diversi centri di ricerca e atenei, che smontano al momento la documentazione presentata dai privati e dalla Stretto di Messina nella corsa ad avviare la macchina per aprire i cantieri del Ponte il più presto possibile. Salvini sognava addirittura la posa della prima pietra entro l’estate in tempo per le Europee, come se si trattasse di aprire il cantiere di una abitazione e non dell’opera più complessa del mondo.

Tra le altre cose la relazione punta il dito sugli elaborati redatti per la quasi totalità nel 2011, ben tredici anni fa. Si contesta il progetto definitivo approvato dalla Stretto di Messina con 68 osservazioni fatte dal comitato scientifico nominato dalla stessa spa e rimandando a un futuribile progetto esecutivo le risposte a domande come la tenuta sismica, la tenuta in caso di vento, l’utilizzo di acciaio moderno. Le osservazioni contestano anche il piano del traffico: “Questa significativa affermazione sulle stime di traffico attuali viene asserita in modo generico, senza richiamare documenti del SIA o studi allegati al Progetto Definitivo – si legge nel documento dei comitati e delle associazioni ambientaliste – non vi è alcun riferimento all’analisi della domanda di trasporto (mai citata) nonché ai risultati di uno studio di traffico. Non si citano mai termini usuali e significativi delle analisi trasportistiche quali grado di saturazione del ponte, livelli di servizio dell’infrastruttura. Si rifugge dall’esprimere volumi di traffico in ore di punta come usualmente si fa nei progetti di infrastrutture. Il fatto che si affermi che il traffico sul Ponte sarà minore rispetto al 2012, implicherebbe che possano essere stati rilevati dei dati aggiornati che però non sono inseriti nel SIA. Si tratta di una grave omissione sul piano della validità del SIA. E che potrebbe dimostrare la scarsa utilità di una importante (e costosa) infrastruttura rispetto al traffico da servire”.

Queste sono relazioni arrivate al ministero dell’Ambiente in sede di commissione di Valutazione impatto ambientale dove è stato presentato il progetto definitivo approvato dalla società Stretto di Messina. Ma altre relazioni, diciamo così indipendenti, sono state inviate al ministero delle Infrastrutture in queste giorni. Relazioni che smontano ancora la documentazione alla base del progetto di Salvini di riprendere la questione Ponte.

Tre docenti delle università di Palermo e Reggio Calabria, Mario De MirandaFederico Mazzolani e Santi Rizzo, contestano il calcolo dei costi per l’opera come previsti nell’ultimo bilancio dello Stato varato dal governo Meloni. Scrivono i tre ingegneri: “Ad oggi non esiste né un progetto esecutivo ma neanche un progetto definitivo aggiornato che definisca delle quantità preliminari che tengano conto delle varie richieste ed esigenze di modifica, integrazioni e nuove indagini, alcune delle quali sono propedeutiche ad una verifica della fattibilità dell’opera. Per cui, di fatto, non esistono ancora gli elementi per una prima valutazione realistica dei costi dell’opera, né per un impegno di spesa né per un nuovo appalto, né gli elementi tecnici, ossia il progetto esecutivo, per avviare e realizzare la eventuale costruzione il che è in contraddizione con le dichiarazioni rilasciate alla Stampa sulla possibilità di aprire i cantieri di costruzione in poche settimane”. Inoltre “non è disponibile attualmente né un computo metrico, né un elenco prezzi, né una stima giustificata, per poter conoscere o dare una valutazione sulla reale spesa che lo Stato Italiano si appresterebbe ad effettuare, né sui costi di mantenimento dell’opera, presumibilmente elevati”.

Gli ingegneri Aurelio Misiti (già presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici), Fabio Casciati (già ordinario di Scienza delle Costruzioni all’Università di Pavia oggi docente in Cina) e Giovanni Saccà (già dirigente del Gruppo Ferrovie dello Stato e preside CIFI-Sezione di Verona) sottolineano che “per i ponti stradali-ferroviari, l’esperienza acquisita, in ossequio al sempre valido principio galileiano dello sperimentare, suggerisce di non spingersi oltre i 1500-1600 metri di luce unica. In particolare, il professor Fabio Casciati, dell’Università di Pavia e oggi docente dell’Università di Zehjiang ad Hangzhou in Cina, ha ricordato quali sono le caratteristiche dei ponti sospesi, costruiti come ponti stradali, stradali-ferroviari e ferroviari soltanto. Mentre quelli stradali hanno ormai raggiunto dimensioni di 2000 mt nella campata maggiore, i ponti ferroviari si sono fermati a campate principali di lunghezza massima di 1408 mt. Ciò perché i ponti sospesi essendo posti in aria, soggetti a venti molto forti, possono far deragliare i treni, specialmente quelli destinati all’alta velocità. In Cina, dove si sono realizzati negli ultimi 20 anni circa 20 ponti sospesi, si sta preparando la realizzazione di un ponte ferroviario di campata massima lunga 1488 mt (dovrebbe essere completato entro il 2026)”.

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