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Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana

Per tutti coloro che ancora pensano che “partigiano” sia sinonimo di “comunista”. Per tutti coloro che pensano che i partigiani abbiano combattuto solo contro i nazisti.
No, i Partigiani non erano solo comunisti. No, i partigiani hanno combattuto anche e soprattutto contro i fascisti, hanno combattuto e sono morti per LA LIBERTA’ DI TUTTI NOI.
E’ grazie ai loro sacrifici se oggi anche chi reclama “pieni poteri” può continuare legittimamente e liberamente a blaterare da mattina a sera e da sera a mattina
Chiedete a Giacomo Matteotti, ai fratelli Rosselli, a don Minzoni se anche a loro fu concessa la stessa libertà
 
Armando Amprino (Armando)- 20 anni, partigiano, catturato e fucilato dai fascisti
Dal Carcere, 22 dicembre 1944
Carissimi genitori, parenti e amici tutti,
devo comunicarvi una brutta notizia. Io e Candido, tutt’e due, siamo stati condannati a morte. Fatevi coraggio, noi siamo
innocenti. Ci hanno condannati solo perché siamo partigiani. Io sono sempre vicino a voi.
Dopo tante vitacce, in montagna, dover morir cosí… Ma, in Paradiso, sarò vicino a mio fratello, con la nonna, e
pregherò per tutti voi. Vi sarò sempre vicino, vicino a te, caro papà, vicino a te, mammina.
Vado alla morte tranquillo assistito dal Cappellano delle Carceri che, a momenti, deve portarmi la Comunione. Andate
poi da lui, vi dirà dove mi avranno seppellito. Pregate per me. Vi chiedo perdono, se vi ho dato dei dispiaceri.
Dietro il quadro della Madonna, nella mia stanza, troverete un po’ di denaro. Prendetelo e fate dire una Messa per me. la
mia roba, datela ai poveri del paese. Salutatemi il Parroco ed il Teologo, e dite loro che preghino per me. Voi fatevi
coraggio. Non mettetevi in pena per me. Sono in Cielo e pregherò per voi. Termino con mandarvi tanti baci e tanti
auguri di buon Natale. Io lo passerò in Cielo. Arrivederci in Paradiso.
Vostro figlio Armando
Viva l’Italia! Viva gli Alpini!
 
Franco Balbis (Francis), 32 anni, uffìciale in Servizio Permanente Effettivo, Capitano di Artiglieria in Servizio di Stato Maggiore, entrato nel movimento clandestino di Torino all’indomani dell’8 settembre 1943, catturato e ucciso dai fascisti
Torino, 5 aprile 1944
La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all’Italia sui campi d’Africa quella vita che ho dedicato alla Patria
il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me
stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e
per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero. Lascio nello strazio e nella tragedia dell’ora
presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli
che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due
messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l’altra il 9 novembre, anniversario della battaglia
di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d’armi, che in terra d’Africa hanno dato la vita per
la nostra indimenticabile Italia. Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla
Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d’aver
sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore
assolutamente tranquillo e a testa alta.
Possa il mio grido di “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il
bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!
Franco Balbis
 
Mario Bettinzoli (Adriano Grossi), 22 anni, sottotenente di complemento di Artiglieria, catturato e fucilato dai fascisti
Ore 21 del 23.2-1944
Miei carissimi genitori, sorelle, fratello, nonna, zii e cugini,
il Signore ha deciso con i suoi imperscrutabili disegni, che io mi staccassi da voi tutti quando avrei potuto essere di
aiuto alla famiglia.. Sia fatta la sua volontà santa. Non disperatevi, pregate piuttosto per me affinché Lo raggiunga
presto e per voi affinché possiate sopportare il distacco.
Tutta la vita è una prova, io sono giunto alla fine, ora ci sarà l’esame, purtroppo ho fatto molto poco di buono: ma
almeno muoio cristianamente e questo deve essere per voi un grande conforto.
Vi chiedo scusa se mi sono messo sulla pericolosa via che mi ha portato alla morte, senza chiedervi il consenso: ma
spero mi perdonerete come il Signore mi ha perdonato qualche minuto fa per mezzo del suo Ministro.
Domattina prima dell’esecuzione della condanna farò la Santa Comunione e poi. Ricordatemi ai Rev.Salesiani e ai
giovani di A.C. affinché preghino per me.
Ancora vi esorto a rassegnarvi alla volontà di Dio: che il pensiero della mia morte preceduta dai SS. Sacramenti vi sia di
conforto per sempre.
Immagino già le lagrime di tutti quanti quando leggerete questa mia, fate che dalle vostre labbra anziché singhiozzi
escano preghiere che mi daranno la salute eterna. Del resto io dall’alto pregherà per voi. Ora, carissimi, vi saluto per
l’ultima volta tutti, vi abbraccio con affetto filiale e fraterno; questo abbraccio spirituale è superiore alla morte e ci
unisce tutti nel Signore. Pregate!
Vostro per sempre Mario
Da “Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana”, Einaudi 1994 , XV edizione
 
 

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Nozze d’oro

Oggi sono 50. Esattamente 50 anni fa, il giorno della festa di San Giorgio, protettore degli scout, giorno in cui gli scout del mondo rinnovano la loro Promessa, l’impegno solenne che assumono verso Dio, verso il proprio Paese, verso gli altri, scout e non, il 23 aprile del 1971 nelle mani dell’allora capo riparto, Tanino, recitavo le parole che mi avrebbero portato, ufficialmente, a far parte della grande famiglia dello scoutismo: “Con l’aiuto di Dio, prometto sul mio onore di compiere il mio dovere verso Dio e verso la Patria, di aiutare il prossimo in ogni circostanza, di osservare la Legge Scout”.  E per la prima volta sulla mia camicia grigia, oggi i colori dell’uniforme sono diversi, spiccava il fazzolettone amaranto con una striscia bianca, simbolo del Gruppo Reggio Calabria 1, il gruppo di cui ancora oggi, idealmente, faccio parte

Era cominciato come un gioco, un modo per tacitare le insistenze di mia madre, ma con la certezza che dopo qualche mese mi sarei stancato e sarei tornato alle mie amate partite di calcio della domenica mattina con la Matteotti, la società giovanile dove avevo iniziato a tirare calci al pallone in maniera un po’ più seria che nel cortile di nonna o per le strade del rione

E in effetti lo scoutismo è un gioco, un gioco che ti fa crescere e che, specie se hai la fortuna di avere dei capi come quelli che io ho avuto, diventa il Grande Gioco della vita, ti entra dentro, ti crea una seconda pelle, ti continua a guidare durante il tuo tempo come i segnali che allora avevamo imparato a riconoscere al lato del sentiero. Certo, non si parla più della fila di pietre o dei legnetti che, disposti in un certo modo, indicavano la corretta direzione, oppure suggerivano di guardarci le spalle perché seguiti, oppure ancora ci invitavano ad accelerare, piuttosto che a rallentare. Si tratta di avere in mano, con cognizione di causa, la pagaia “per guidare da soli la nostra canoa”, di avere la forza di mantenere un impegno, di raggiungere un obiettivo, di essere punto di riferimento per gli altri, con l’umiltà necessaria per essere “al servizio” degli altri. E tutto questo lo riesci a fare con naturalezza, non devi atteggiarti, non devi pensarci. E’ il senso della Legge Scout, espresso da quello che io considero l’articolo più importante, che non a caso è il primo: “lo scout considera suo onore meritare fiducia”. Pensiamoci bene, a chi concediamo la nostra fiducia? Non certo al primo che passa e neanche a chi è bravo solo a parole. Personalmente mi fido di “chi fa” e dimostra di saper fare, di chi con un sorriso è capace di risollevarmi il morale, di chi è sempre stato leale verso di me, ma anche verso gli altri, di chi c’è, in maniera tangibile, al mio fianco quando ho bisogno

Mi, anzi ci piace dirlo spesso: “Semel scout, semper scout” (una volta scout, scout per sempre). Ed io sento di avere ancora addosso l’entusiasmo di quel 23 aprile di tanti anni fa, di quell’adolescente che sognava di cambiare il mondo, di fare la rivoluzione,  e che oggi, forse più maturo, ha capito che le rivoluzioni vere si fanno ad iniziare dal nostro piccolo mondo. L'”impresa”, gergo che i miei amici scout capiranno subito, non deve essere l’evento eccezionale. La nostra “impresa” quotidiana, questo è quanto cerco nel mio piccolo di fare, deve essere quella di vivere mantenendo la nostra Promessa, nel solco della Legge Scout, come abbiamo imparato a fare nel Branco, nel reparto e nel clan da lupetti/coccinelle, esploratori/guide e da rover/scolte

Questo è l’augurio più bello che si possa fare a tutti i novizi che oggi “prenderanno” la Promessa, a tutti coloro che la rinnoveranno, in Comunità o, come spero di poter fare io, partecipando con il mio fazzolettone alla Santa Messa che il gruppo scout della parrocchia dovrebbe animare: impegniamoci ad “essere degni”, concretizziamo le parole del Canto della Promessa

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Signore, insegnami la Route

Signore, insegnami la route:
l’attenzione alle piccole cose;
al passo di chi cammina con me
per non fare più lungo il mio;
alla parola ascoltata
perché non sia dono che cade nel vuoto;
agli occhi di chi mi sta vicino
per indovinare la gioia e dividerla,
per indovinare la tristezza e avvicinarmi in punta di piedi,
per cercare insieme la nuova gioia.
Signore, insegnami la route:
la strada su cui si cammina insieme;
insieme nella semplicità di essere quello che si è;
insieme nella gioia di aver ricevuto tutto da Te;
insieme nel tuo amore.
Signore, insegnami la route,
Tu che sei la strada e la gioia.

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