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Quando toccherà a me?

Sembra che finalmente il treno delle vaccinazioni sia partito e che, udite udite, ieri si sia superata la soglia dei 70000 vaccinati in un giorno. Bellissima notizia, per quanto mi riguarda. Sono sempre più convinto che l’unica strada per uscire da questa pandemia sia quella della vaccinazione di massa e l’aumento dei numeri non può che farmi piacere. E’ giusto che per primi siano vaccinati i medici e gli operatori sanitari, certamente le categorie più a rischio.
Ma mi sorge un dubbio: e gli altri medici? Mi spiego meglio per i non addetti ai lavori. Oltre i colleghi degli Ospedali e degli ambulatori delle ASL, oltre i medici di base, esiste anche un esercito di medici che lavora in altri settori o come libero professionista. Penso per esempio agli odontoiatri, la gran parte dei quali lavora solo privatamente, visto che le strutture pubbliche considerano molto poco l’apparato dentario, e che pure sono medici ad altissimo rischio di infezione, dato che lavorano “in bocca” al paziente e a diretto eventuale contatto con il SARS-COV2 se presente. Non mi risulta, ma forse sono io male informato, che siano stati conteggiati fra i “vaccinandi”.
Penso ai colleghi dell’INAIL o dell’INPS, medici legali o medici del lavoro, dipendenti pubblici, che in questa fase non mi risulta siano stati considerati. Men che meno noi specialisti che lavoriamo in questi enti. Noi addirittura, ma questo non da ora, non siamo neanche considerati dipendenti, ma siamo inquadrati come “medici RLP” (medici a rapporto libero professionale), liberi professionisti soggetti al rispetto dell’orario di lavoro, in bilico come posizione lavorativa se non rispettiamo le “medie ponderate”, follia tutta italiana che costringe a valutare l’operato di un medico con parametri solamente quantitativi e non qualitativi. Ma affrontando questo tasto si va fuori dal seminato.
Tra marzo e giugno gli ospedali hanno mantenuto aperti gli ambulatori solo per le urgenze (leggasi pazienti operati); stesso concetto per gli ambulatori delle ASL. Invece grazie alla presenza e al sacrificio soprattutto degli specialisti, e qui posso parlare per esperienza diretta, tra marzo e giugno gli ambulatori dell’INAIL sono rimasti aperti a disposizione degli infortunati, per i quali siamo diventati l’unico punto di riferimento. E qualcuno ha anche avuto la sensibilità di ringraziarci per iscritto, a testimonianza di quanto detto. Parlo di sacrificio perchè più di un collega è stato infettato e si è ammalato, anche seriamente (mi è stato riferito, voce che però non sono in grado di confermare, che nella triste contabilità dei sanitari morti per COVID-19, ci sia anche qualche collega RLP). Ognuno di noi ha rischiato, perchè un ortopedico, un chirurgo, un oculista, un neurologo deve necessariamente visitare il paziente, “mettergli le mani addosso”, detto in senso professionale ovviamente, e ciò ha comportato per ciascuno di noi un aumento del rischio di infezione. Rischio di infezione che non è minimamente diminuito, tutt’altro, vista la triste contabilità dei contagi giornalieri
Bene, ad oggi, anzi a ieri sera, nonostante le richieste, nessuno è in grado di dirci se e quando noi verremo vaccinati (almeno chi liberamente deciderà di farlo). E’ arrivata una comunicazione dell’Ordine dei Medici, secondo la quale il Presidente dello stesso ha ottenuto dalla Regione Lazio l’impegno ad estendere a tutti i medici del Lazio la vaccinazione, ma, secondo le migliori tradizioni, è “a tempo non definito”.
Per quanto mi riguarda, considererò l’impegno reale solo quando vedrò un calendario vaccinale ove siamo considerati anche noi
Non so quale sia in questo momento dentro di me il sentimento dominante. A tratti sembra essere la delusione, perchè, nonostante gli sforzi per lavorare con coscienza, mi sembra di essere considerato un medico di serie B. Altre volte prevale la rabbia, anzi, dato che il termine è stato sdoganato, una sana incazzatura. Deve ancora comprendere il bersaglio della stessa: a scalare, Ministero della Salute? Commissario Arcuri? Regione Lazio? Burocrazia statale? INAIL? Rappresentanti sindacali? Noi stessi, medici specialisti, perchè impegnati a coltivare il nostro singolo orticello, non siamo in grado di parlare con un’unica, potente voce?

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Quasi a Reggio

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Betlemme

Betlemme – in ebraico Beit Lehem – significa la “Casa del Pane”, a testimonianza della fertilità del suolo in cui è sorta la città. Secondo la Bibbia, a Betlemme nacque anche Davide, secondo re di Israele; essa è quindi menzionata da Luca evangelista come “la città di Davide”. Il profeta Michea preannunciò che il Messia  sarebbe nato nello stesso luogo: “E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele”. La nascita di Gesù adempì questa profezia. 

La basilica della Natività venne eretta nel luogo preciso ove la tradizione colloca la nascita di Gesù, in casa secondo il Vangelo di Matteo o in una stalla secondo il Vangelo di Luca. E’ verosimile che entrambi abbiano ragione; all’epoca infatti era consuetudine che una parte della casa, che spesso era ricavata in una grotta, fosse adibita a ricovero per gli animali (la stalla).

Ed entriamo attraverso la Porta dell’Umiltà, l’unica rimasta aperta, che costringe a chinarsi per entrare (ed impedisce soprattutto di entrare a cavallo, come purtroppo spesso era successo)

 

 

Entriamo nella Basilica e già nella navata centrale possiamo ammirare  i resti dei bellissimi mosaici parietali che ornavano le pareti, come anche nel transetto

 

E poi scendiamo verso il luogo della nascita di Gesù .

Una stella d’argento indica il luogo del parto, mentre di fronte è la mangiatoia ove il Bambino, avvolto in fasce, fu deposto

 

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