Da Repubblica del 7-11-2020, articolo di Alessia Candito
Dopo le dimissioni di Saverio Cotticelli da commissario della sanità regionale, il consiglio dei ministri ha nominato al suo posto Giuseppe Zuccatelli. “Sono contento della nomina a commissario, naturalmente, perché il mio lavoro mi piace, ma sono frastornato dalle centinaia di messaggi e telefonate che sto ricevendo in un momento in cui sono anche stanco perché sono in quarantena, essendo risultato positivo al coronavirus, sebbene asintomatico”, ha commentato il nuovo commissario.
Tutto è iniziato in mattinata, quando Cotticelli ha presentato le sue dimissioni, ma il “licenziamento” gli era stato comunicato direttamente dal premier Giuseppe Conte. “Il commissario per la sanità in Calabria Saverio Cotticelli va sostituito con effetto immediato. Anche se il processo di nomina del nuovo commissario prevede un percorso molto articolato, voglio firmare il decreto già nelle prossime ore. I calabresi – aveva detto a inizio giornata il premier – meritano subito un nuovo commissario pienamente capace di affrontare la complessa e impegnativa sfida della sanità”. E in serata è arrivata la nomina di Zuccatelli come nuove commissario della sanità della Regione.
Anche il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, aveva chiesto immediate dimissioni o la rimozione di Cotticelli. In mattinata a lui si sono uniti i 97 sindaci dell’area metropolitana della città calabrese dello Stretto, che con un documento presentato in prefettura avevano chiesto non solo un nuovo commissario, ma anche interventi urgenti per far uscire la Calabria dalle zone rosse, fra cui l’aumento dei posti in terapia intensiva, l’assunzione del personale medico e paramedico e la realizzazione di un Centro Covid-19 regionale. Il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, ha annunciato che “valuteremo la possibilità di intraprendere azioni legali “con le amministrazioni comunali e provinciali che rappresento, se dalle parole di Cotticelli dovessero ravvisarsi profili di reato”. Ma nel giro di poche ore, non c’è stato esponente politico calabrese che non si sia scagliato contro il commissario, nominato due anni fa dell’allora ministro dell’Economia, Giovanni Tria (tecnico), di concerto con la ministra della Salute, Giulia Grillo (M5s) e sentita la ministra degli Affari Regionali Erika Stefani (lega), ed era stata confermata il 29 luglio 2019.
Intanto, il Tar del Lazio ha deciso per ci sarà nessuna sospensione cautelare urgente del Dpcm del 3 novembre scorso con il quale la Calabria è stata inserita tra le ‘zone rosse’ italiane. Il ricorso in questione, proposto dalla Regione, celebrerà la sua discussione collegiale davanti al tribunale in camera di consiglio il prossimo 18 novembre. E il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, avverte: “Chi esce dal perimetro delle ordinanze del ministro della Saute, allargando le maglie, avrà l’impugnazione degli atti in tempo reale, a tutela massima della salute dei cittadini e del lavoro degli operatori sanitari”.
L’ultimo scivolone di Cotticelli
Al generale Cotticelli il brusco benservito è arrivato dopo un’apparizione televisiva in cui ha dimostrato di sapere poco o nulla del settore che avrebbe dovuto governare. Ai microfoni della trasmissione di Rai3 Titolo V, il generale ha affermato che i numeri della Calabria non fossero così preoccupanti da inserire la Calabria fra le zone rosse, pur non avendo neanche idea dei reali posti di terapia intensiva presenti negli ospedali della regione. Non più di 113, secondo il presidente degli Anestesisti e Rianimatori calabresi, Domenico Minniti, un numero imprecisato a detta di Cotticelli, che deve rivolgersi alla sua vice, Maria Crocco per avere lumi e azzarda una cifra -161 – grazie al suggerimento di qualcuno che in video non appare, ma da fuori campo si definisce “un usciere”. Cifre che fanno a botte anche con i 152 che la Regione ha di recente comunicato alla cabina di regia, fra i 21 parametri individuare per classificare il livello di allerta.
Il “giallo” sul Piano Covid
Ma il “capo d’accusa” più grave a carico del generale è l’evidente gaffe sul piano Covid, di cui ha “scoperto” di essere responsabile solo rispondendo alle domande del giornalista, dimenticando per giunta di aver approvato il piano di riordino ma di non aver mai fatto nulla per farlo transitare dalla carta alla realtà. Le date le ha confermate anche il ministero, da cui si apprende che il piano Covid-19 (art. 2 DL. 34/2020) per il potenziamento della rete ospedaliera di emergenza è stato adottato dalla struttura commissariale della regione Calabria il 18 giugno scorso, integrato il 3 luglio, approvato dal ministero della Salute il 16 luglio e successivamente inviato al commissario straordinario per l’Emergenza Covid-19, Domenico Arcuri. Il problema è che tutto è rimasto nel novero degli annunci.
Per questo – ed è uno dei motivi per cui con il ministero era da tempo ai ferri corti – Cotticelli, è stato già da tempo scavalcato dal commissario Arcuri, che il 19 ottobre scorso ha individuato aziende sanitarie provinciali e aziende ospedaliere come soggetto attuatore per il piano di riordino della rete ospedaliera in vista dell’emergenza Covid. Traduzione, in sette giorni le strutture commissariali locali hanno dovuto trasmettere a Roma la pianificazione operativa degli interventi per adeguare le strutture alle linee guida dettate dal ministero di Roberto Speranza e sono state individuate come responsabili non solo dell’effettiva realizzazione, ma anche dell’acquisto di attrezzature medicali e dei mezzi trasporto – 50 ambulanze Covid – previste dal piano di riorganizzazione.
Il labirinto della sanità calabrese
Si tratta dell’ultimo atto di forza che si è reso necessario per mettere ordine nel caos della sanità calabrese, da 11 anni commissariata perché sommersa di debiti, infiltrata dai clan e incapace di rispettare i livelli minimi essenziali. Un labirinto, reso ancor più complesso dai provvedimenti emessi in via d’urgenza nelle prime fasi della pandemia, che hanno individuato la Regione come soggetto attuatore per l’acquisto in urgenza di attrezzature, dpi e ventilatori, come delle assunzioni per integrare i reparti sguarniti, con un tesoretto assegnato in deroga al piano di rientro cui la Calabria è da tempo sottoposta.
Una situazione inedita negli ultimi dieci anni. Per la prima volta, il presidente della Regione – all’epoca, la appena eletta Jole Santelli, di recente scomparsa – ha avuto mano libera e fondi per intervenire sulla disastrata sanità calabrese. Così è stato stabilito dal decreto 630 del capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, in base al quale l’11 marzo l’allora presidente Santelli ha messo in piedi l’unità di crisi – che in tutta Italia costituisce il cuore della gestione dell’emergenza – una task force, nei mesi diventata elefantiaca, e ha approvato il “piano operativo di gestione dell’emergenza”.
Il piano operativo approvato durante l’emergenza
A darne notizia era stata proprio la Regione con una nota in cui si leggeva che “la presidente Jole Santelli, in accordo con il commissario straordinario Gen. Saverio Cotticelli e con il supporto del Dipartimento della Salute, ha approvato il piano che prevede l’attivazione di 400 posti letto di terapia intensiva e subintensiva per le aree nord, centro e sud della Regione”, con tanto di ripartizione precisa dei posti assegnati ai singoli ospedali. Nella medesima nota, appaiono per la prima volta i Covid hotel, ancora inesistenti in Calabria, per i quali “oltre alle strutture di proprietà regionali, sono stati individuati con l’Agenzia dei Beni Confiscati strutture idonee sull’intero territorio regionale, oltre che strutture dell’Esercito”. Quali fossero, nessuno lo ha mai saputo. Stessa cosa si può dire per i numeri reali del piano straordinario assunzioni, in base al quale – secondo quella nota dell’11 marzo- nei reparti calabresi sarebbero dovuti arrivare 300 medici specializzati e specializzandi, 270 infermieri e 200 Oss, assunti a tempo determinato. Cosa di tutto questo sia stato fatto, non è mai stato dato sapere.
Di recente, il presidente Nino Spirlì ha presentato una sorta di lista della spesa secondo cui, dei circa 45 milioni assegnati “7.993.950 euro sono stati impegnati per la remunerazione di lavoro del personale del Servizio sanitario regionale, della dirigenza e del comparto, direttamente impiegato nelle attività di contrasto all’emergenza covid”. Altri 3.197.580 euro sarebbero stati destinati alle aziende sanitarie provinciali, mentre “già da marzo” circa 18 milioni sarebbero andati alle aziende del Sistema sanitario regionale per assumere ulteriore personale sanitario. Altri 15 milioni – afferma infine Spirlì – “risultano già spesi per acquisti accentrati (dall’acquisizione di dispositivi di protezione individuale ai reagenti, dai tamponi alle apparecchiature sanitarie) e, per una parte, sono stati rendicontati dalle singole aziende”. In cosa si siano tradotti, non è dato sapere, ma lo scheletro sanitario regionale risulta comunque lontano anni luce dalle linee guida del ministero della Salute.
La fine della Fase 1 e della reggenza della Regione
Superata la fase più drammatica dell’epidemia, il governo ha deciso di lavorare al potenziamento della rete ospedaliera nazionale in previsione di una possibile seconda ondata. Con il decreto 34 della scorsa primavera però la responsabilità è tornata in mano al commissario Cotticelli, che fra i “compiti a casa” arretrati aveva anche la messa a sistema dei fondi stanziati con il primo Decreto Calabria per mettere ordine nel comparto sanità e acquistare attrezzature medicali , per il quale solo nell’aprile scorso è stata firmata una convenzione con Invitalia. Per quanto riguarda invece il potenziamento della rete sanitaria in relazione all’emergenza Covid, un primo piano di riordino era stato licenziato il 18 giugno, rispedito indietro dal ministero come insufficiente, integrato e approvato a luglio. E rimasto su carta. Cosa per altro difficilmente sconosciuta al Dipartimento Salute della Regione con cui il commissario ha lavorato a stretto contatto.
Alla Regione non era piaciuto per nulla l’esser stata messa da parte. Lontano da sguardi indiscreti per mesi la presidente Santelli ha battibeccato con il commissario. Una guerra rimasta silente fino alla pubblicazione della lettera inviata dalla governatrice al premier Conte per lamentare che il nuovo piano, che – si leggeva – “ribalta totalmente l’impostazione precedente e per quanto mi riguarda trovo di difficile attuazione” fosse stato predisposto senza coinvolgere la Regione e nonostante questo varato dal ministero competente. Insomma, da qualche parte – quanto meno sulla carta – il piano c’è. Il problema è che lì è rimasto, salvo poi essere parzialmente mandato in attuazione – quanto meno per quel che riguarda la rete ospedaliera – dal commissario nazionale Arcuri. Ma forse troppo tardi.
Proprio la scarsa dotazione è finita infatti per essere uno degli elementi che ha portato alla decisione di inserire la Calabria fra le zone rosse. Una decisione contestata dal presidente facente funzioni, Nino Spirlì, e dalla maggioranza di centrodestra, che hanno convocato un Consiglio regionale per l’approvazione di un documento che chieda il passaggio della regione fra le zone gialle. Su quali parametri, anche questo è un mistero. Anche perché proprio il presidente dell’Iss, nel corso della conferenza stampa convocata per spiegare i criteri con cui sono state individuate le zone rosse, ha spiegato che la Calabria ha un problema nella raccolta e nella trasmissione dei dati.