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Reggio si affida alla sua Patrona

“Chi non è di Reggio non lo sa …” Era uno dei canti della Curva Sud del Granillo quando la Reggina era in serie A

Ma è anche un necessario incipit per tentare di spiegare il rapporto strettissimo fra un reggino e la Madonna della Consolazione, avvocata del popolo reggino fin da quando, nel 1577, la Vergine annunziò ad un frate cappuccino, Frate Antonino Tripodi, la cessazione dell’epidemia di peste che affliggeva la città da diversi anni. Ne seguì un pellegrinaggio collettivo del popolo reggino, che si recò in massa ove ora sorge la Basilica dell’Eremo ma dove allora c’era solo una piccola cappella dedicata proprio alla Madonna della Consolazione, per ringraziare la Vergine Maria. Seguirono poi altre pestilenze (1636, 1656, 1672) e il terremoto del 1693 che colpì la Sicilia, ma risparmiò Reggio, che rafforzarono la devozione e il legame dei Reggini verso la Madonna della Consolazione, che dal 1752 è “Patrona della città”.

Bisogna essere a Reggio il secondo sabato di settembre, giorno della tradizionale Processione della vara che contiene il venerato dipinto per avere almeno un’idea del rapporto viscerale che ci unisce alla Vergine. Non c’è reggino che, nel momento del bisogno, non si sia rivolto a Lei

Non è quindi una sorpresa che oggi, in piena emergenza legata alla pandemia da Coronavirus, l’Arcivescovo Metropolita, Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini abbia rinnovato l’affidamento della città e dei reggini tutti, compresi noi “emigrati” alla Madonna della Consolazione

 

Vergine Santissima,
Madre della consolazione, Avvocata del popolo reggino,
siamo idealmente raccolti nel tuo Santuario dell’Eremo
dinanzi alla tua sacra immagine.

Accanto al Vescovo, che in questo momento ti prega, o Madre,
ci sono tutti i reggini della città e della provincia,
quelli emigrati in altre parti d’Italia e del mondo
.

Sono qui ai tuoi piedi anche i nostri amministratori, il sindaco, tutti coloro a cui sono affidate le sorti della città.

O Maria, siamo davanti a te a chiederti aiuto e protezione,
perché stiamo attraversando un momento difficile,
tutto buio, che sembra toglierci la luce.

Il nostro animo, perciò, è dominato dall’angoscia e dalla paura.
E allora siamo qui a chiederti aiuto e protezione.

Siamo qui perché tu, Madre della consolazione,
ci possa consolare con un segno di speranza.

Il canto tradizionale con il quale ti esprimiamo amore e devozione,
esalta e ricorda gli interventi prodigiosi del passato
con i quali hai trasformato la paura in serenità,
i pericoli in sicurezza, il dolore in gioia, la morte in vita.

Siamo qui, o dolcissima Madre, per supplicarti a non abbandonarci.
Fa’ che anche noi possiamo raccontare alle generazioni future
le grazie della tua potente intercessione presso Dio.

Noi oggi ci consacriamo nuovamente a te.

Ti consacriamo tutta la Chiesa Diocesana con i suoi pastori, che si offrono a Te.
Estendi la tua benedizione sul Papa e su tutta la Chiesa:
sui vescovi, i sacerdoti, i diaconi i religiosi, e i giovani consacrati e seminaristi,
su tutto il popolo di Dio, che in tutte le parti del mondo ti supplica di allontanare questo flagello.

Ti consacriamo noi stessi e le nostre famiglie,
chi ci governa, chi vigila sull’ordine pubblico, chi provvede ai nostri bisogni quotidiani.

Ti consacriamo gli anziani, i giovani e i ragazzi,
tutti i tuoi devoti sparsi per il mondo intero.

Veglia sugli ammalati e dona loro conforto e speranza.
Sta’ accanto ai medici e a tutto il personale sanitario e dona loro scienza e fortezza.

Consolaci ancora una volta, o Madre della Consolazione,
e dissipa queste tenebre, che si sono addensate su di noi.

Noi trasformeremo questo tempo di dolore in un momento di grazia,
perché, ripensando ai veri valori della vita,
che mai come in questo momento stiamo apprezzando e assaporando,
possiamo uscire purificati e rinnovati da questa prova.

Amen.

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LA FORZA DEL CAMPO ESTIVO

Ho ricevuto questo messaggio, condiviso da un capo scout “di qualche anno fa” ……. molti dei miei amici sono stati scout…..e qualcuno ha vissuto campi scout☺☺…………………………………. .
Dedicato ai miei fratelli scouts.
Vi ricordate quando eravate costretti a lavarvi con l’acqua fredda, a mangiare pasta scotta o mezza cruda e a volte mescolata a terriccio e foglie secche? Vi ricordate della pietra che puntualmente vi trovavate sotto la schiena nonostante aveste pulito il terreno sotto la tenda? Vi ricordate delle corse sotto la pioggia per ripararvi nella prima jamboree che trovavate aperta? Vi ricordate del cespuglio spinoso dietro il quale eravate costretti a fare pipì, perché la latrina era troppo lontana e al buio? Vi ricordate del fuoco la sera che arrostiva il viso mentre lungo la schiena correvano brividi di freddo? Vi ricordate della sete, della stanchezza, del peso dello zaino lungo una strada che sembrava non finire mai? Vi ricordate come, nel silenzio della notte e nel buio di un bosco illuminato solo dalle stelle, sentivate la mancanza di casa pur sentendovi a casa dentro il sacco a pelo umido? E vi ricordate quante volte nei momenti di sconforto vi siete detti “chi me lo fa fare”?
Poi tornati a casa, improvvisamente e misteriosamente, tutto questo veniva dimenticato e rimaneva solo il ricordo del profumo di erba bagnata e legna bruciata, di risate e fughe notturne dalla tenda per dividervi il bottino che noi capi non avevano trovato nei vostri nascondigli, un pezzo di cioccolato o una merendina…e il sapore era sublime dopo giorni di cucina trapper!
Poi, ritornati a casa, nel tepore delle vostre camere, sprofondati nel materasso, ringraziavate Dio per aver ritrovato la vostra quotidianità fatta di comodità, di cibo buono, di chat sul telefonino, di tv e bagni puliti. Eppure sono certa che vi piaceva quella sensazione da eroi sopravvissuti: avevate affrontato le privazioni e la fatica e ne eravate usciti più forti e vincitori. Per un po’ non ne volevate sapere di campi e strada, ma solo per un po’…
Bene, se vi ricordate tutto questo, forse ora potrete comprendere perché cerchiamo di educarvi all’essenzialità, alla rinuncia se pur momentanea di ciò a cui siate (siamo) assuefatti, compresi l’affetto e gli abbracci di chi lasciate a casa. Oggi forse saremo più forti di altri a superare questo momento così difficile, perché noi siamo quei ” cretini in pantaloncini e calzettoni” che sanno adattarsi ai cambiamenti, che sanno affrontare le difficoltà sorridendo, che sanno cos’è il senso civico e la responsabilità. Noi siamo quelli che hanno resistito un giorno in piu del fascismo e che resisteranno un giorno in più del virus…..un abbraccio forte a tutti😘😘

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A proposito di coronavirus

Oggi ho toccato con mano, forse per la prima volta, quella che ho definito la psicosi da coronavirus
Durante il recente viaggio in Giordania e Israele ci arrivavano notizie via via più preoccupanti circa la situazione italiana, con aumento continuo dei contagi, istituzione di zone rosse, sindrome da accaparramento nei supermercati come se fosse scoppiata o fosse prossima a scoppiare la Terza Guerra Mondiale
Probabilmente siamo stati uno degli ultimi gruppi a partire: il giorno successiva al passaggio della frontiera giordano-israeliana, la Giordania ha chiuso i voli dall’Italia; analogamente, il giorno successivo alla nostra partenza da Tel Aviv, Israele ha bloccato i voli dall’Italia
Il primo TG che siamo riusciti a sentire in Italia, e parliamo del TG3, è stato interamente dedicato all’emergenza coronavirus, unico argomento del giorno. Abbiamo anche scoperto essere anche il principale argomento di conversazione; a momenti gli amici e i colleghi sembravano più interessati ad eventuali problematiche sanitarie che avevamo incontrato durante il viaggio, piuttosto che conoscere le nostre sensazioni sui luoghi visitati.
Dicevo di oggi. Sono passato dal Gemelli per uno dei miei periodici controlli in ambulatorio di oculistica, uno dei luoghi più affollati di tutto il Policlinico. Basti pensare che fra controlli post-operatori, prime visite e visite successive credo si superino tranquillamente le 100 persone al giorno, chiaramente tutti con almeno un accompagnatore al seguito. Non è difficile immaginare la scena, dati gli spazi. Stamani arrivo alle 9,45 e, sorpresa delle sorprese, c’erano non più di una quindicina di persone. Tante sedie vuote in sala d’attesa, cosa che, in tempi normali, si può osservare dopo le 13,30. Gli infermieri raccomandavano di evitare gli assembramenti e distribuivano mascherine ai pazienti e ai loro familiari. I medici del reparto e gli stessi infermieri, per disposizioni credo della Direzione Sanitaria, per la maggior parte indossavano anch’essi la mascherina. La situazione non è cambiata per tutta la mattina. Quando sono andato via, quasi a mezzogiorno, c’era, se possibile, ancora meno gente. Per tutta la prossima settimana, secondo quello che mi è stato riferito, l’attività ambulatoriale sarà possibile solo per le urgenze, così come la sale operatorie, almeno per quanto riguarda l’oculistica. Il calo dei pazienti è visibile anche attraversando altri corridoi e atri del Gemelli, di norma utilizzati dai pazienti in attesa di essere visitati negli ambulatori delle varie specializzazioni
Pomeriggio in metropolitana per arrivare a Termini e prendere il treno per Reggio. Ore 16, di solito orario di punta in metro. Pochissima gente in piedi e comunque con posti a sedere liberi, mentre di solito ad Ottaviano c’era la calata dei barbari dentro i vagoni. Anche sul treno, solitamente iperaffolato, diversi posti vuoti
Alcune considerazioni spicciole sul coronavirus. E’ un’infezione che ha una elevata capacità di diffusione, facilitata anche dall’essere sostenuta da un virus “nuovo”, contro cui non abbiamo protezioni. Dai dati emerge una mortalità di poco superiore al 3%, anche se nel conteggio di coloro che non ce l’hanno fatta, vengono inserite persone che avevano gravi patologia di base: addirittura ci sono due pazienti oncologici. La maggior parte dei decessi interessa una fascia d’età ben precisa, oltre 75 anni, quasi tutti con importanti patologie pregresse, specie cardio-vascolari. Oltre l’80% dei contagiati guarisce in pochi giorni, da quel che si legge senza reliquati. Rarissimi i contagi fra i bambini e gli adolescenti, diciamo fino ai 14-16 anni. Il problema principale, nel caso non si riesca a contenere il numero dei contagiati, è legato alla relativa modesta disponibilità di posti in terapia intensiva e in rianimazione, dato che nei casi gravi è necessario intubare il paziente. Questo manderebbe in crisi tutto il Sistema Sanitario Nazionale, che però per ora tiene botta, dimostrando “sul campo” quel che noi medici sappiamo bene: il nostro SSN è fra i primi al mondo, nonostante abbiano fatto di tutto per smontarlo con tagli anche pesanti che hanno comportato anche la chiusura di interi Ospedali o, nella migliore delle ipotesi, di reparti di degenza con una riduzione sensibile dei posti letto. Mi auguro che, alla fine di questo periodo, perchè prima o poi finirà o comunque sarà ridimensionato l’allarme, anche altri prendano coscienza di tutto ciò: penso ai politici che hanno scoperto la necessità di assumere medici ed infermieri, data la cronica carenza degli organici; che hanno scoperto che la chiusura degli Ospedali è stato un errore colossale, perchè la carenza di posti letto può comportare problemi molto gravi. Ma penso anche alla gente comune, ai tanti che non perdono occasione per denigrare la sanità pubblica vagheggiando un sistema privato sul modello americano; ai tanti che si scagliano contro i medici e gli infermieri, giornalmente aggrediti nei Pronto Soccorsi o negli ambulatori della Guardia Medica; a coloro che, avendo studiato su Wikipedia, pontificavano sull’inutilità dei vaccini e adesso sperano che la ricerca possa presto trovare il vaccino per il coronavirus. A coloro che si scagliavano contro le ONG, i cui componenti sono stati dipinti come i nuovi mercanti di uomini, i nuovi schiavisti, mentre oggi ringraziano perchè i medici e gli infermieri, forti delle esperienze contro le malattie infettive che fanno strage in Africa e in Asia, per tutte cito l’Ebola, si mettono a disposizione di chi ha bisogno, senza distinzione di ceto sociale, di reddito o di colore politico.
Altra considerazione banale, ma non troppo. Oggi siamo noi i “migranti respinti” e coloro che hanno subito il dramma di essere considerati “appestati” ne parlano come di un’esperienza drammatica. Speriamo che la prossima volta che dei disperati vogliono fuggire dalla guerra, dalla fame, da dittature sanguinarie, ricordiamo tutti le parole spese in questi giorni. Soprattutto se pensiamo che gli italiani che si spostano e che vengono rimandati indietro lo fanno per turismo o per lavoro, loro lo fanno per salvarsi la vita
In un altro momento toccherà parlare anche dei danni economici enormi che questa pandemia sta provocando nel mondo. Mi limito a sottolineare che è stato messo in crisi il concetto di fabbrica globale virtuale: ho la sede in uno Stato per motivi fiscali, i miei prodotti sono il condensato di varie produzioni che poi vengono assemblate, essendo prodotte in parte in Cina, in parte nell’Est Europa, in parte in America, piuttosto che in Italia o in Germania o in Francia. Se uno dei poli si inceppa, come è successo in Cina, salta tutto lo schema e la crisi coinvolge tutti. Toccherà riflettere su tutto questo
Così come toccherà rimboccarsi le maniche, specie noi italiani. Pagheremo probabilmente la nostra serietà, anche se qualcuno la definisce ingenuità: abbiamo fatto più controlli di tutti ed abbiamo, correttamente, resi pubblici i risultati, ottenendo di essere considerati gli untori d’Europa, se non del mondo, vedi la vignetta del New York Times. Poi si scopre che il ceppo virale italiano è diverso da quello cinese, che il virus gira per l’Europa da settembre e che il “paziente zero” è tedesco, si scopre che la stessa Germania si è ben guardata dal dare i veri numeri dei contagiati e dei morti per coronavirus nel suo territorio, quando ancora si pensava che l’infezione riguardasse solo la Cina. Ma è risaputo, i tedeschi si sentono i migliori …

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