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Giordania-Israele febbraio 2020 – parte 5

Diario di viaggio 5 – Cenacolo. Giornata triste oggi. Triste perchè si parte, si ritorna a casa e, se questo da una parte vuol dire riabbracciare i nostri cari, dall’altra significa lasciare questi luoghi che hanno una loro magia, un certo magnetismo che, parlo per me, hanno una capacità attrattiva pazzesca; triste perchè Gerusalemme ci saluta con una pioggia insistente, con scrosci improvvisi e raffiche di vento che rendono difficile anche utilizzare gli ombrelli. Il nostro albergo, The Sephardic House, situato nel quartiere ebraico, ha, fra gli altri, il pregio di essere molto vicino alla Porta di Sion e quindi di fronte al Cenacolo e alla Basilica della Dormizione. Il Cenacolo è un luogo estremamente significativo per i cristiani: qui Gesù, durante l’ultima cena, ha istituito il sacramento dell’Eucarestia; qui è apparso agli Apostoli dopo la Resurrezione, ritornando dopo qualche giorno per apparire anche allo scettico Tommaso; è al Cenacolo che gli stessi Apostoli sono stati pervasi di Spirito Santo (sono stati “cresimati”), qui Gesù ha istituito il sacerdozio e la confessione. Bello che il nostro viaggio si concluda in questo luogo così carico di significato. La Basilica della Dormizione ricorda il luogo in cui la Vergine si è addormentata, prima di essere assunta in cielo in corpo e anima
Suggestivo il momento in cui, durante la Messa, ognuno di noi ha espresso le proprie intenzioni durante la preghiera dei fedeli. Saranno fischiate le orecchie ai tanti che ci avevano raccomandato di ricordarli nelle nostre preghiere, ma anche questo fa parte del compito dei pellegrini
Purtroppo il tempo contingentato non ci ha concesso di passare al Santo Sepolcro. Vorrà dire che questa sarà la scusa per programmare un altro viaggio quaggiù, in questa che definisco terra “benedetta e maledetta” nello stesso tempo
All’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv solita estenuante trafila prima dell’imbarco: controlli passaporto, domande dalla risposta scontata (“le hanno dato qualcosa da portare?”, “ha armi nel bagaglio?”, la valigia l’ha preparata lei o qualcun altro?”). Ho sempre la curiosità di conoscere la reazione in caso di risposte positive ai primi due quesiti: “si, un signore conosciuto da poco, arabo, credo fosse palestinese, mi ha dato questo pacco pregandomi di consegnarlo ad un tale Mohamed a Roma; mi ha raccomandato di maneggiarlo con cura, perchè potrebbe esplodere”. Vi immaginate cosa potrebbe succedere?
Ed infine si parte verso Roma, incontro al coronavirus che tanto riempie le giornate italiane.

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Giordania-Israele febbraio 2020 – parte 4

Diario di viaggio 4 – Betlemme. Si parte presto stamattina. Dobbiamo superare i controlli del muro che divide Israele e i territori occupati (loro le chiamano le colonie) dalla Palestina. E Betlemme è una città palestinese.
Per fortuna fila tutto liscio, oggi siamo fortunati In effetti è così. Arrivati alla Natività, ci mettiamo rapidamente in coda per entrare nella grotta e, dopo un tempo d’attesa veramente minimo, riusciamo ad entrare. Non è cambiato molto dall’ultima volta che siamo stati qui e, confesso, il luogo non mi ha emozionato in maniera particolare. Invece ho avuto modo di ammirare nuovamente i meravigliosi mosaici, sarebbe meglio dire i resti dei mosaici, che abbelliscono le pareti della Basilica. Ne ero rimasto incantato quando li vidi per la prima volta, ne sono rimasto incantato anche oggi. Danno un’idea dello sfarzo che doveva caratterizzare questa Basilica e che oggi è, se vogliamo, più marginale. Le grotte cui si accede dalla adiacente chiesa di Santa Caterina creano un ambiente intimista, carico di religiosità, invitano alla meditazione e alla preghiera. Da ricordare la grotta di San Girolamo a cui dobbiamo la prima traduzione biblica del test ebraico
Betlemme però, fuori dalla Basilica della Natività, è ormai diventato un concentrato di negozi e venditori che ti offrono rosari, presepi, catenine, borse, “caffè cardamonio”
Una nota particolare oggi è stato il pranzo. Siamo stati a Casa Nova, l’albergo – ristorante dei francescani e, finalmente, abbiamo mangiato la pasta al sugo con una bella spolverata di formaggio: una vera delizia dopo improbabili “penne arabiate” cotte per mezz’ora e che non si riuscivano ad infilare con la forchetta perchè si “sfaldavano”. Udite udite, per secondo non c’era il pollo, ma una sana bistecca di maiale (viva la cucina italiana). E viva il caffè italiano che tanto mi era mancato
Messa pomeridiano a Beit Sahur, il Campo dei pastori, ove l’Angelo annunziò ai pastori la lieta novella della nascita del Salvatore. Momento molto toccante quando il celebrante, il nostro don Nunzio, ci ha invitato a indicare i nostri defunti cui consacrare la Santa Messa. Gloria, in maniera del tutto inaspettata, ha “chiamato” Giacomo, il nostro Giacomo (chi ci conosce sa di chi parlo)
A conclusione della giornata una stimolante riflessione sul significato del sacramento della Riconciliazione presso la Cappella della Flagellazione
Tutta la giornata è stata caratterizzata anche dall’alternarsi delle notizie in arrivo dall’Italia sul coronavirus, problema su cui però fisserò l’attenzione da dopodomani, al rientro a Roma. Domani, prima di partire, messa al Cenacolo e poi qualche ora libera. Spero di riuscire a passare dal Sepolcro

 

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Giordania-Israele febbraio 2020 – parte 3

Diario di viaggio 3. Ore 10,10 di sabato: il nostro pullman arriva al ponte di Allenby, punto di confine fra Giordania e Israele. La nostra guida raccoglie i passaporti di tutti, scende dal mezzo e ritorna dopo un quarto d’ora circa. E’ tutto a posto, i passaporti vengono redistribuiti ai rispettivi proprietari e si parte. Una rapida sosta per l’ultimo controllo a bordo effettuato da un soldato giordano e ci avviciniamo al confine israeliano. Inizia la fila per un primo checkpoint, con attesa snervante di oltre un’ora. L’autista parla con i soldati, qualche minuto e si va avanti. Altra fila di pullman, arriva il nostro turno; rimaniamo a bordo mentre i bagagli vengono scaricati. Ci fanno scendere per un’altra fila, ognuno con il suo bagaglio; in attesa di passare sotto lo scanner, una addetta controlla i passaporti, in maniera sommaria: se la foto corrisponde alla persona si passa e si va al controllo bagagli. Superata anche questa barriera, altra fila per controllo passaporti, molto più serio e poi finalmente si parte verso Gerusalemme, previa sosta a Gerico per il pranzo. Lo scherzetto, durato oltre 3 ore, fa saltare tutti i programmi stabiliti. Gerusalemme conserva intatto il suo fascino. E’ la terza volta che ci veniamo dal 2017 e mi sento a casa mia o comunque da una persona di famiglia. Per la prima volta alloggiamo nel quartiere ebraico, a due passi dalla sinagoga e dal Muro del Pianto. Sistemati in stanza, di corsa verso il Santo Sepolcro, ma, purtroppo, d’inverno la chiusura è anticipata e non siamo proprio riusciti ad entrare nel Santuario. Passeggiata tranquilla per le strade del quartiere arabo e poi verso l’albergo
Domenica mattina sveglia molto presto e, alle 8,00, celebrazione della Santa Messa all’interno della Basilica, nella Cappella della apparizione di Gesù a sua Madre. Ha celebrato Padre Alessandro, la nostra guida dei precedenti pellegrinaggi, persona straordinaria, che ha confermato l’alto concetto che ho di lui con una bellissima e toccante omelia ed una successiva riflessione, tenuta presso la Casa dei Francescani, che ha occupato il resto della mattinata. Alla fine Via Crucis lungo la Via Dolorosa, ritornando fino al Sepolcro. Riflessione spicciola: durante la Via Crucis del nostro gruppo è iniziata la preghiera del Muezzin; contemporaneamente le nostre preghiere in italiano si sovrapponevano ai canti di altri gruppi, filippini, austriaci, africani di non so quale nazionalità. Senza prevaricazioni, in una sensazione di totale ecumenismo e tolleranza che stona se rapportata alle divaricazioni fra cattolici e musulmani e fra i cattolici stessi (cristiani, protestanti, ortodossi). Chissà perchè “sul campo”, fra persone comuni, c’è totale comunanza mentre ad alti livelli si alimentano le divaricazioni
Pomeriggio alla piscina probatica o piscina degli agnelli, conosciuta anche come Piscina Betzaeta, luogo sede di uno dei miracoli di Gesù, la guarigione di un paralitico. Luogo noto ma che ugualmente stupisce per le dimensioni ragguardevoli, nel Vangelo di Giovanni si parla di una piscina con 5 portici, e l’imponenza dei resti monumentali. Da lì a piedi, attraverso la Porta dei Leoni (conosciuta anche come Porta di Santo Stefano perchè vicina al luogo del martirio del Santo, condotto fuori da Gerusalemme proprio attraverso questa porta, oppure come Porta delle Pecore, probabilmente per la sua vicinanza con la Piscina degli Agnelli) breve tragitto a piedi e salita parziale del Monte degli Ulivi fino al Dominus Flevit, luogo da cui Gesù, guardando Gerusalemme, pianse su di essa.
Ritorno verso il basso (tempo tiranno quest’anno) e passaggio in uno dei luoghi che per me è più significativo, che mi da un senso di pace pur essendo il luogo iniziale della Passione di Gesù: parlo dell’Orto di Getsemani, dove Gesù si ritirò a pregare e fu lasciato solo dai discepoli, vinti dal sonno, solo nell’angoscia di quel che lo aspettava di lì a poco, tanto che l’evangelista Luca ci racconta che, sdraiato su una pietra, sudò sangue. E’ una strana sensazione appoggiare la mano su questa pietra, divisa fra la compartecipazione all’angoscia di Gesù e la serenità di sapere che Lui c’è. Serenità che, per quanto mi riguarda, raggiunge il massimo nell’ammirare la maestosità di alcuni degli ulivi dell’Orto. La scritta “PEACE”, segnata con le pietre, è un auspicio che, nel mio caso, qui si realizza

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