Visto stasera un bellissimo film, Aspromonte la terra degli ultimi, una poesia d’amore che il regista, Mimmo Calopresti, dedica alla sua Calabria. Senza voler fare spoiler, è la storia, ambientata negli anni ‘50, degli abitanti di Africo, un paese aspromontano della provincia di Reggio, uno come tanti della zona jonica reggina, con il paese montano e l’espansione “marina”: Africo come Bova, Condofuri, San Lorenzo, Ferruzzano, come diversi altri. Non c’è una strada che colleghi Africo e la sua marina, non c’è un medico, non c’è un negozio di alimentari. La morte di una partoriente con il figlioletto smuove gli abitanti che, di fronte all’assenza delle istituzioni, decidono di costruirsi da soli una strada che li colleghi al mondo, nonostante le pressioni del signorotto mafioso di zona, don Totò, e gli impedimenti frapposti dalle autorità. Il resto vedetelo al cinema, ne val la pena
Una menzione particolare per Marcello Fonte che nel film ha il ruolo del “Poeta”. Semplicemente straordinario
Alcune considerazioni rapide. E’ resa benissimo la solidarietà che si instaura fra gli abitanti di Africo, peraltro frequente al Mezzogiorno e quasi una costante in Calabria. L’aiuto reciproco che si danno l’un con l’altro fino al punto di regalare beni preziosi quali possono essere, per un contadino, le bestie è commovente; così come lo è notare la partecipazione di tutti al momento di bisogno di uno degli abitanti o nei momenti di festa che diventano espressioni della unione, anzi della “com-unione” degli africoti. La strada è l’elemento figurato che significa la voglia di crescere, di aprirsi al mondo, di confrontarsi con il mondo. E’ la ribellione allo status quo, la volontà di cambiare, superando le difficoltà (“a noi non fa paura il lavoro”, non ricordo se è la battuta esatta, ma il senso comunque era questo). E sull’altro piatto della bilancia l’ostracismo della mafia che non vuole che le cose cambino, ma soprattutto tiene a mantenere distanti dal progresso, dal confronto con altre realtà coloro che vengono considerati quasi come dei “sudditi”. Altrettanto indicativo l’atteggiamento delle Autorità, che non possono tollerare di essere scavalcati dalla volontà della gente, ma devono ribadire il loro “potere”.
E cosa è cambiato oggi? Chi conosce l’Aspromonte sa quanto sia selvaggio, difficile da vivere, quanto sia difficile spostarsi fra un luogo e l’altro, fra un paese e l’altro, perchè le strade sono poche e spesso mal tenute. E certamente ciò fa il gioco anche della ‘ndrangheta perchè la favorisce nel suo controllo del territorio. Ci sono testimonianze di “ribellione” a questo andazzo. Certamente la costituzione del Parco Nazionale dell’Aspromonte aiuta la valorizzazione del territorio, stimola la conservazione delle meraviglie naturali di questo affascinante e maledetto territorio. Sicuramente la riscoperta delle origini sta mantenendo in vita paesi che, altrimenti, sarebbero destinati con tutta probabilità a far la fine di Africo. E penso in primo luogo ai paesi della zona grecanica, Bova, Roghudi, Gallicianò, Bagaladi, Palizzi che in estate, grazie anche alle manifestazioni e alle attività culturali del Festival di Paleariza, è una calamita che attira tanta gente e tanti giovani che sentono il desiderio di riscoprire le loro radici