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Pellegrinaggio in Terra Santa 2018 – Appunti di viaggio (parte 5)

Giornata pesante oggi dal punto di vista fisico. Si comincia con un’emozione forte. Santa Messa celebrata alla Basilica dell’Agonia a Getsemani, disposti attorno alla grande pietra, posta davanti all’altare, venerata come la pietra su cui Gesù si è sdraiato per pregare la notte in cui fu arrestato e “sudò sangue”. Come lo scorso anno, anche quest’anno per me Getsemani è stato uno dei momenti emotivamente più forti e coinvolgenti. Ascoltare il Vangelo che racconta della Passione di Gesù, della sua disperata preghiera solitaria fra gli ulivi dell’orto di Getsemani (frantoio delle olive, questo è il significato) e poi sulla pietra e stare lì, ti porta inevitabilmente a chiederti: ma io, sarei stato, o meglio, sono capace di pregare con Gesù, di non lasciarlo solo, o faccio come gli Apostoli che si sono addormentati? E il prendere coscienza di una fede che può funzionare ad intermittenza, diventa comunque un buon punto di partenza per migliorare
Che dire della maestosità delle piante dell’Orto di Getsemani? Ci sono almeno 3 olivi con tronchi enormi, di almeno 800 anni (se ne fa menzione dal Medioevo, secondo la nostra guida), ma che mi piace immaginare muti spettatori della tragedia di 2000 anni fa. Sono piante bellissime nella loro maestosità. 
Basta attraversare la strada e ci si ritrova dentro la grotta cosiddetta dell’Arresto, la grotta in cui Nostro Signore fu arrestato. Anche quest’anno arriviamo durante la celebrazione della Messa da parte di un altro gruppo di pellegrini e non riusciamo a godere appieno della suggestione del luogo
A strettissimo contatto con la Grotta, appena fuori, c’è la tomba, anch’essa vuota, di Maria (la Madonna fu Assunta in cielo in corpo e anima). Siccome quest’anno la fortuna ci è compagna di strada, non c’è alcuna fila da fare, siamo soli. Mentre Padre Alessandro illustra il luogo, approfitto del mio esserci già stato e quindi di aver ascoltato le sue spiegazioni ed entro, solo soletto, a pregare dentro la tomba. Che splendida emozione!
Salita, in autobus, sul Monte degli Ulivi per ricordare l’Ascensione e quindi visitare la chiesa del Pater Noster. Chiesetta francese, l’anno scorso chiusa (era domenica il giorno che salimmo quassù). Particolari sono i quadretti diffusi ovunque con il Padre Nostro scritto nelle varie lingue, compresi dialetti indiani (Cree, Sioux), spagnoli (Valencia, Andalusia, Catalano) e italiani. Ovviamente sono andato a cercare il dialetto calabrese, che ho trovato e fotografato immediatamente. Da lì è partita la discesa verso Getsemani con sosta sul punto panoramico da cui si domina tutto il lato occidentale delle Mura con le cupole della Mosche di Omar e quella di Al-Aqsa in primo piano e quindi la Vecchia Gerusalemme un po’ più sullo sfondo. Altra sosta alla piccola chiesa del Dominus Flevit, con la cappella a forma di lacrima, situata a metà strada della discesa, nel luogo in cui Gesù pianse sul destino futuro di distruzione profetizzata per Gerusalemme, come poi si verificò nel 70 d.C., a distanza di meno di 40 anni
Dopo pranzo passeggiata verso il Cenacolo, il secondo luogo più sacro del Cristianesimo, perchè qui dentro Gesù ha istituito l’Eucarestia, ha istituito il sacerdozio, si è presentato ai Discepoli dopo la Resurrezione almeno due volte (ricordare a proposito l’episodio di San Tommaso); è stato il punto di riferimento dei Discepoli fino alla Pentecoste, 50 giorni dopo la Pasqua di Resurrezione; qui vicino è morta (si è addormentata) la Madonna, come ricordato nella Basilica della Dormizione, anch’essa visitata nel pomeriggio
E già che stavamo “in loco”, siamo scesi a San Pietro in Gallicantu, chiesa costruita dai Padri Assunzionisti Francesi su quella che, a loro avviso, era la casa di Caifa, il sommo sacerdote, ove fu condotto ed imprigionato Gesù la notte dell’arresto e dove Pietro lo tradì 3 volte prima del canto del gallo. Secondo altri studiosi, la maggior parte fra cui il nostro Padre Alessandro, la casa di Caifa era situata in un luogo diverso. E’ possibile che Pietro, dopo aver rinnegato Gesù, si sia rifugiato in una grotta qui situata e pianse, ma ipotesi a suffragio dell’una o dell’altra tesi non ce ne sono. In prossimità della Chiesa è stata ritrovata una scala romana, discretamente ben conservata, del I° secolo. Molto probabile che sia stata la strada seguita da Gesù nel percorso verso Getsemani dopo l’Ultima Cena e, una volta arrestato, per essere condotto a casa di Caifa per il processo prima di essere messo poi a morte
Sarà per il caldo di oggi che, sommato a quello di ieri a Masada e nel deserto, ci ha cotti ben bene, sarà la stanchezza accumulata nei giorni scorsi ed oggi in particolare, sarà perchè oggi abbiamo visitato veramente tanti luoghi, ma San Pietro in Gallicantu, con il senno del poi, l’avrei omessa

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Pellegrinaggio in Terra Santa 2018 – Appunti di viaggio (parte 4)

Dopo Masada si va verso Qaser El-Yahud, sulle rive del Giordano, il luogo del battesimo di Gesù, che è anche il luogo, confesso la mia ignoranza, l’ho scoperto solo ieri, in cui, dopo la morte di Mosè gli Ebrei fuggiti dall’Egitto entrano finalmente nella Terra Promessa guidati da Giosuè, dirigendosi verso Gerico. Giusto per presentarsi e farsi subito ben volere, città distrutta, così, per dire “buongiorno, siamo qui”
Dopo il pranzo a Gerico, si va a Betlemme. Si passa prima per Beit-Sahour, il campo dei pastori, il luogo in cui, secondo la tradizione, l’Angelo si è mostrato ai pastori per annunziare la Buona Novella della nascita di Gesù. Da lì alla Basilica della Natività, per gran parte, finalmente, libera dalle impalcature con gli splendidi mosaici che decoravano le pareti delle navate finalmente visibili. 
Al di là dell’aspetto religioso, che pure per noi è prioritario, val la pena venire qui ed ammirare queste meraviglie artistiche. E’ singolare pensare che dobbiamo tutto ciò all’Autorità Nazionale Palestinese. Le condizioni della Basilica erano pessime e, secondo le migliori tradizioni, le varie confessioni cristiane che gestiscono gli spazi litigavano fra loro per decidere a chi toccasse fare i lavori di restauro. Finchè i palestinesi non hanno “imposto” il restauro 
Quest’anno la fortuna è con noi. Nessuno in fila per entrare nella grotta della Natività, così che abbiamo avuto la possibilità di pregare sul luogo della nascita di Cristo e sul luogo ove fu “deposto su una mangiatoia”, come descritto nei Vangeli
Vivere qui, sul posto in cui sono accaduti, gli eventi descritti nei Vangeli è un’emozione che non riesco a descrivere compiutamente. Ho paura di essere troppo retorico o troppo scontato o di usare una terminologia banale. Dico solo che, spiritualmente ed emotivamente, è un pugno nello stomaco. Quando torni a casa non sei più lo stesso

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Pellegrinaggio in Terra Santa 2018 – Appunti di viaggio (parte 3): Masada

E anche ieri sveglia all’alba. Si parte presto, verso la depressione del Mar Morto verso Masada. Masada faceva parte della catena di fortezze, erette dagli Asmonei, che dovevano difendere il Regno di Giudea dalle incursioni nemiche provenienti da sud e da est. Venute meno le esigenze difensive, fu trasformata in uno degli splendidi palazzi di Erode il Grande fra il 37 e il 30 A.C.. Nel 67 D.C, infine, fu occupata dai ribelli e fu l’ultima fortezza a cadere dopo 3 anni di assedio della X legione romana nel 73 D.C., 3 anni dopo la caduta di Gerusalemme. 
Il mito di Masada nasce con la descrizione dell’assedio fatta dallo storico ebreo contemporaneo, Tito Giuseppe Flavio. 8000 romani accampati alla base della collina su cui è costruita la fortezza erodiana, ove sono rifugiati poco meno di 1000 irriducibili ribelli con le loro mogli ed i figli. I ribelli resistono per 3 anni agli assalti dei Romani, finché questi ultimi non riescono a costruire un terrapieno su cui far passare le loro macchine da guerra e sfondare le difese avversarie. Ma quando arrivano dentro la fortezza trovano tutti morti. I difensori di Masada avevano scelto la morte pur di non cadere in mani nemiche. Oggi, le reclute dell’esercito israeliano vengono portate qui a giurare: “Mai più Masada cadrà”
Il pianoro ove sorge Masada è raggiungibile solo attraverso il cosiddetto “sentiero del serpente”, una serie di tornanti su un sentiero strettissimo, da percorrere in fila indiana, facilmente difendibile; gli altri 3 lati sono a strapiombo sul deserto sottostante. Dall’alto sono ben visibili i perimetri degli accampamenti romani, 3, fra loro collegati da un vallo per chiudere ogni via d’uscita agli assediati. Con tutto ciò, sfruttando le riserve alimentari contenute in 29 magazzini, i ribelli non hanno certamente patito la fame, anzi sembra che, quando i legionari sono entrati nella fortezza, i magazzini contenessero ancora una discreta quantità di cibo. Secondo Giuseppe Flavio per gli zeloti, gli esseni e i sicari assediati, era un punto d’onore far sapere che non era stata la fame la causa della resa, ma solo la preponderanza numerica del nemico romano. E, nonostante Masada sia situata in pieno deserto, nella depressione del Mar Morto, gli assediati non hanno nemmeno sofferto la sete, grazie all’ingegnoso sistema studiato dai costruttori che consentiva un afflusso continuo di acqua, tanto che Erode usufruiva anche di un classico complesso termale romano. Gli assediati avevano creato una serie di bagni rituali per soddisfare le loro quotidiane necessità religiose.
In questa stagione non è consentito percorrere in salita il sentiero del serpente, troppo caldo. Si sale in pochi minuti con una funivia. La vista dall’alto è mozzafiato. Si spazia dal deserto sottostante, al Mar Morto fino alle montagne della Giordania all’orizzonte. Anche le rovine, tutto sommato, sono ben conservate. Colpiscono l’appartamento del comandante del posto di guardia, ove sono ancora apprezzabili i colori originari in alcuni punti delle pareti, il palazzo di Erode, situato nel punto più alto del pianoro e con la vista più bella, i due appartamenti (palazzi) sottostanti, accessibili con una lunga scalinata ricostruita, le terme. 
Dopo la conquista romana e la relativa distruzione, Masada è stata abitata da monaci, specie durante la occupazione bizantina. Sono ancora visibili i resti di una piccola chiesa bizantina. Nel tempo è stata dimenticata fino a circa 150 anni fa, quando fu riscoperta fino a divenire uno dei più importanti siti dello Stato d’Israele
Al di là della selvaggia bellezza del luogo, non riesco a comprendere perché si debba morire, si possa uccidere per un territorio che non offre nulla, pietre e sassi, sassi e pietre, con piccole chiazze di verde qua e là. L’uomo deve affermare la sua potenza, comunque, la sua capacità di prevaricazione sugli altri suoi simili, costi quel che costi

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