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Scendere in piazza nel 2024

Il discorso di Costanza Modica al Consiglio Comunale di Pisa
 
“Buongiorno a tutti, sono Costanza Modica, ho 17 anni, il 23 Febbraio ho partecipato al corteo. Insieme ad altri studenti sono scesa in piazza.
Siamo scesi in piazza per manifestare il nostro dissenso contro quello che sta succedendo in Palestina, un genocidio, un massacro di gravità inaudita dimenticato, se non peggio, da tutta la nostra politica e ancor di più dal nostro governo.
Non ne potevamo più, non potevamo più sentirci complici e volevamo manifestare per esprimere chiaramente e con forza il nostro dissenso e lo sgomento per la situazione della popolazione palestinese.
Eravamo 100, 100 ragazzi, qualche universitario, molti liceali e alcuni studenti delle medie che manifestavano insieme a noi. Per chi non lo sapesse, un corteo di 100 persone è un corteo piccolo, quasi deludente.
Siamo partiti da Piazza Dante, dirigendoci verso Piazza dei Cavalieri, ma già in via San Frediano, una via stretta, abbiamo trovato una camionetta con la squadra antisommossa ad aspettarci, poliziotti con caschi, scudi e manganelli in riga e compatti, mentre alle spalle ci hanno raggiunto delle volanti della polizia bloccandoci davanti alla cancellata del Liceo Artistico.
Abbiamo alzato le mani in segno di pace, abbiamo fatto capire che eravamo pochi e non avevamo nessuna intenzione violenta, abbiamo chiesto come mai ci avessero bloccati, non ci rispondevano, abbiamo più volte cercato di capire ma non ci hanno mai risposto.
E poi la prima carica, la prima carica che ci ha spinti indietro di 3 metri, no, non ci hanno spinto indietro con gli scudi ma con le manganellate. Da quel momento è scoppiato il panico, io ero indietro ed ho aiutato i bimbi più piccoli ad andarsene, mentre altri più avanti erano stati colpiti duramente, alcuni seriamente feriti, altri presi e portati via.
In un crescendo incontrollato non hanno risparmiato colpi ai ragazzi che erano davanti, anche a quelli che cercavano evidentemente di arretrare con le mani alzate, hanno colpito con violenza, con apparente cattiveria, quasi con sadica soddisfazione. Hanno colpito e ferito ragazzi, per la maggior parte minorenni, disarmati e con le mani alzate.
Non hanno fatto passare l’ambulanza per una ragazza ferita alla testa, una è caduta ed è stata presa dal giacchetto mentre cercava di rialzarsi e colpita ripetutamente (come hanno mostrato molti video), il tutto senza mai nemmeno il tentativo di un dialogo, senza mai degnarci di una risposta al contrario di quel che ha dichiarato il ministro Piantedosi.
Non potevamo fare altro che scappare, ad un certo punto le volanti che ci chiudevano da dietro si sono dileguate e così ce ne siamo andati, loro ci hanno seguito per tutta via San Frediano e poi si sono fermati.
Questo avvenimento ha avuto una visibilità mediatica enorme con riscontri sia positivi, che, purtroppo, negativi. Abbiamo letto di tutto, sia messaggi di solidarietà, sia falsità, falsità che vogliamo sfatare qui ed adesso.
Si, deputato Ziello, eravamo incappucciati, pericolosi cappucci dei nostri giacchetti e delle nostre felpe, pioveva e come tutti i comuni mortali ci siamo coperti.
No, i poliziotti non ci hanno detto neanche una parola, non ci hanno ritenuto degni di un dialogo, di un confronto, non hanno cercato una mediazione, ci abbiamo provato noi, solamente noi, ma siamo stati bloccati da un muro silenzioso di uomini in divisa antisommossa, considerati bestie da scacciare e schiacciare.
E come osate paragonare un poliziotto che è caduto facendosi male alla gamba, con 13 ragazzi disarmati al pronto soccorso, come osate parlare di feriti da ambo i lati, come osate parlare di scontro alla pari?
No, non avevamo nessuna intenzione di andare in sinagoga o al cimitero ebraico, e anzi, vogliamo ricordare che noi non siamo antisemiti, siamo ragazzi che lottano contro le azioni portate avanti dal governo Israeliano e da quello Italiano.
Vorrei ricordarlo perché questa differenza, evidente e scontata, soprattutto per politici esperti e maturi come voi, sembra stranamente sfuggire alla maggioranza che si lamenta delle strumentalizzazioni altrui.
Insomma tutte queste falsità non reggono e non possono reggere, basta ragionarci sopra, con onestà.
Molti esponenti del governo, con il ministro Salvini in prima linea, si sono espressi dicendo “non toccate le forze dell’ordine, sono un patrimonio sacro”, ribadendolo più volte.
Forse non è bastato il richiamo del Presidente Mattarella, forse non erano sufficienti le sue parole, forse bisogna ribadire l’ovvio: non toccate gli studenti, non toccate il futuro dello stato italiano, il futuro del paese che dite tanto di amare.
E ringraziate, ringraziate ogni giorno i ragazzi che sono ancora qua, che non hanno paura e che lottano per un paese migliore, ragazzi che meritano, prima di ogni altra cosa, le vostre scuse.
Vi lamentate dei giovani, dite che sono dei vandali, bloccate in tutti i modi la loro voce, anche violentemente, e continuate a lamentarvi del distacco che hanno dalla politica odierna eppure, quando vengono massacrati, li attaccate, dite che è colpa loro, anche quando è del tutto evidente che state raccontando bugie.
Bugie non solo nelle interviste rilasciate dai maggiori esponenti politici, che forse non conoscono bene Pisa, che vedono da lontano, ma anche negli interventi del consiglio comunale di lunedì. Alcuni di noi hanno partecipato ed hanno assistito ad un teatrino imbarazzante riconducibile al nulla.
Non ci sono state prese di posizione da parte della maggioranza, se non una difesa della polizia, un vago richiamo alla necessità di aspettare le indagini e mille scuse per condannare i ragazzi che manifestavano, con paralleli totalmente campati per aria.
Siete rimasti così attaccati al vostro partito, alle indicazioni ricevute dall’alto, al ruolo che vi hanno imposto, o che (peggio) vi imponete, da perdere ogni onestà intellettuale; con noi davanti è una delle cose peggiori che potevate fare.
E no, non mi soddisfanno le parole del Sindaco, no, non mi soddisfa l’ordine del giorno che è stato approvato perché è vago, inconsistente e ridicolo. E la cosa peggiore è che ci avete fatto perdere del tutto la fiducia nelle istituzioni cittadine e questa è una sconfitta bruciante.
Nessuno di noi chiede di andare indietro nel tempo, o di dimenticare quello che è successo, ve lo dovete ricordare, dovete guardare i video, ascoltare le testimonianze, guardarci in faccia e prendere dei provvedimenti immediati, dovete riconoscere il problema. Non possiamo accontentarci di una superficiale vicinanza senza un provvedimento adeguato.
Chiudo dicendo che noi non ci fermeremo, avete provato a bloccarci a spaventarci, ad umiliarci, ma non ci siete riusciti, continueremo a manifestare, a lottare contro le ingiustizie e a guardarvi in faccia, noi sì, senza paura.
Pensavate che questa oppressione ci potesse in un qualche modo fermare? Abbiamo già dimostrato venerdì sera che non sarà così, riempiendo pacificamente la piazza che ci era stata chiusa con la violenza, ma ve lo confermiamo di nuovo in questa sede.
Non ci avete fermato anzi ci avete dato un motivo in più per scendere in piazza, chiedere giustizia per i manifestanti, chiedere provvedimenti adeguati contro chi si è abbandonato alla violenza.
Capisco che alle volte uscire dai vostri ideali politici di partito sia difficile, ma se vi fermaste un solo secondo ad ascoltarci davvero, a sentire la nostra voce e le nostre ragioni, capireste che non siamo vandali, siamo ragazzi che lottano per una causa comune, siamo i figli e il futuro di ogni paese democratico che si rispetti.”

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Portate quel giudice in un Pronto Soccorso

Riporto per intero quanto scritto. Non c’è bisogno di aggiungere nulla: è tutto maledettamente chiaro
 
Da “La bottega del Chirurgo”
Portate quel giudice in un Pronto Soccorso. Quello che ha condannato ad un anno di reclusione uno specializzando, colpevole di aver dimesso una donna dal Pronto Soccorso con una diagnosi errata. La donna, dopo alcuni giorni, è morta di infarto. Per il giudice, il medico “ometteva di indagare i sintomi…non si atteneva alle raccomandazioni…non seguiva la buona pratica clinica in emergenza”.
In emergenza?
Portate quel giudice in un Pronto Soccorso.
Conducetelo per mano. Adagio. Con animo distensivo ed invitante… come si fa con chi deve necessariamente apprendere qualcosa di nuovo, o deve essere persuaso ad esplorare luoghi ignoti. Accompagnatelo per tutto il percorso. Calatevi negli inferi insieme a lui. Immergetevi in tutti gli angoli e gli anfratti di quel brulicante piano terra. Senza fretta. A dispetto della confusione, del fracasso, della baraonda che troverete in quel posto dimenticato da Dio, voi fatelo lentamente. E spiegategli ogni cosa. Illuminatelo. Siate come Virgilio che accompagna Dante nei meandri dell’inferno. E come Virgilio – guida prescelta, piena di saggezza e di paterna sollecitudine – siate rassicuranti nei confronti di quel Dante… sbigottito dalle atrocità via via rivelate dinanzi ai suoi occhi.
Indicate a quel giudice, prima di tutto, il “triage”: l’enorme vetro infrangibile contro il quale nessuno si fa scrupolo di urlare e battere i pugni perchè vuole essere visitato subito. Eccetto chi sta troppo male per urlare o battere i pugni: quelli – gli ammalati gravi – sono sempre i più silenziosi.
Invitate quel giudice a contare i pazienti che sono in sala d’attesa. Poi fategli notare il numero dei medici in servizio. Spiegategli che, in proporzione, ogni medico, nel giro di poche ore, dovrà visitare cinquanta persone. E per ognuna di esse chiedere esami, chiamare dei consulenti, fare una diagnosi, eseguire una terapia, giungere ad una dimissione o – se trova un posto letto – ad un ricovero. Dovrà intraprendere, elaborare e concludere un percorso. Senza fallo. E mentre fa tutto questo, dovrà scriverlo… con chiarezza, completezza e precisione (il giudice annuisce… perchè questo lo sa bene: bisogna essere precisi e scrivere bene ogni cosa!).
Sussurrate all’orecchio del giudice che, fin dai tempi di Ippocrate, la visita ad un paziente richede tempo, concentrazione, distensione e dedizione… E’ essenziale, per evitare di fare errori.
Mostrategli poi la postazione del “codice bianco”, il numero impressionante di persone in attesa di una prestazione che è per definizione “non urgente”, e per la quale esisterebbero decine di altre strutture o figure professionali preposte e dedicate. Fategli comprendere che il Pronto Soccorso è diventato la destinazione ultima di ogni domanda di salute inevasa. Non più il luogo ove recarsi per risolvere un problema di salute urgente, ma il luogo ove ci si reca quando non si sa più dove altro andare per risolvere qualsiasi problema di salute…
Fategli notare che in fondo, in Pronto Soccorso, nessuno viene mandato via… ed ogni prestazione medica, per quanto impropria, viene comunque garantita.
Additate quindi al giudice i due o tre medici in servizio: essi sono i “Malebranche”, guardiani diabolici, inquieti e tormentati, di quella bolgia infernale… Ognuno di essi inizia il suo turno di lavoro buttandosi di colpo in un’arena infestata da belve inferocite, oppure in una trincea su cui piovono le bombe, oppure in un luogo di tortura medievale. Neppure il tempo di occupare la propria postazione, e viene mitragliato da un “fuoco di fila” di fogli, voci, urla, squilli di telefono, domande insistenti, triagisti esitanti, infermieri trafelati, pazienti sofferenti in balia di terapie giudicate inefficaci, pazienti insofferenti in attesa della dimissione, dipendenti ospedalieri che – senza pietà – chiedono, per il proprio parente, di saltare la fila.
Fate notare al giudice quanto sarebbe bello, per il medico, avere l’autorità di dire “Silenzio in aula!”.
Domandategli se, a suo giudizio, esiste oggi un ambito lavorativo che sia paragonabile a quello per intensità di lavoro, stress psico-fisico, tensione emotiva e logorìo mentale.
Senza indugio, entrate poi nel vivo della giornata insieme a lui… siete appena all’inizio!
Indicategli quel paziente che si butta a terra, in preda ad un attacco di panico. Sarà reale o simulato?
Oppure quello che viene tutte le sere, perchè non riesce a dormire.
O quell’energumeno che sta per afferrare il medico per il bavero del suo camice, perchè pretende i giorni di malattia…
Oppure quell’altro – il detenuto – che ha ingerito volontariamente una pila, pur di farsi portare in ospedale dalle forze dell’ordine, e trascorrere un po’ di tempo lontano dal carcere…
Oppure quel vecchietto ultranovantenne, allettato, defedato, con le piaghe da decubito, agonizzante, che i parenti hanno condotto in PS perchè non se la sentono di assisterlo a casa. Meglio l’ospedale, perchè “Se si può fare qualcosa…”, “Vogliamo fare tutto il possibile per salvarlo…”, “Vogliamo avere la coscienza a posto!”.
Spiegate al giudice che quei parenti stanno inasprendo terribilmente le ultime sofferenze del loro congiunto: lo hanno sradicato da tutto ciò che gli rimane (il suo letto, il suo cuscino, il suo comodino, il suo pitale…) per portarlo a morire in un inferno…
Adesso, però, rassicurate un poco il giudice: quel medico lì non sta affatto perdendo tempo al telefono, in quell’alterco così aspro ed accanito. Nonostante tutto quel lavoro, bisognerà pur rispondere al telefono, se squilla di continuo! E poi dall’altro capo c’è il radiologo, che lo rimprovera violentemente per i troppi esami diagnostici richiesti dal Pronto Soccorso… anche al radiologo quel medico deve dar conto!
E ora? Che succede? Fate notare al giudice la concitazione generale dovuta ad una telefonata che giunge in quel momento. E’ la chiamata del 118: sta arrivando un “codice rosso”. Il medico, d’improvviso, lascia ogni paziente, ogni carta, ogni incombenza. Costretto ad uno slalom rocambolesco fra braccia protese, chiazze di vomito a terra, ferite gocciolanti di sangue in attesa di essere suturate, barelle di ottantenni con l’arto inferiore extra-ruotato che attendono il ricovero da due giorni, egli corre a prepararsi nella “shock room”. Ecco… le sirene dell’ambulanza: sta arrivando un paziente gravissimo… sarà un politrauma? Un infarto massivo? Un’insufficienza respiratoria grave? Difficile, per il giudice, seguire tutti i passaggi: l’arrivo del rianimatore, il massaggio cardiaco, l’ossigeno, l’intubazione, i farmaci salvavita…
Sembra un po’ ansimante, il giudice. E diventa visibilmente insofferente se gli fate notare che in quel momento – per accontentare lui, i suoi colleghi, e le aule dei tribunali – il medico dovrebbe stare alla scrivania, a scrivere diligentemente ogni minimo particolare di ciò che sta facendo…
Meglio uscire un po’ fuori, adesso. Portate il giudice a prendere un po’ d’aria. Ma non perdete l’occasione di additargli quell’uomo che sta andando via… verso il parcheggio. Lamentava un leggero mal di stomaco da due giorni. Da diverse ore stazionava in PS, trattenuto per fare i dosaggi seriati della troponina, e ripetere l’elettrocardiogramma. Tutto negativo. E’ stato dimesso. Mentre apre la sua auto… stramazza al suolo. Va in arresto cardiaco e viene riportato in PS per essere rianimato…
Spiegate al giudice che succede anche questo. Persuadetelo, per l’amor di Dio, che non è necessariamente colpa del medico! Fategli comprendere, finalmente, che la Medicina è spesso un navigare in un mare di incertezze…
Alla fine, alla fine di tutto… indicategli lui: il medico più giovane.
E’ uno specializzando. Uno sbarbatello. E’ stato appena assunto.
Non è un mistero che nessuno vuole lavorare in un inferno come questo… Perfino il giudice sa che c’è carenza spaventosa di personale, e che da un po’ di tempo si è arrivati alla necessità inevitabile di assumere persone non completamente formate.
E’ impacciato, lo specializzando… Non sa bene come muoversi. E’ la sua prima esperienza di lavoro. Fa tenerezza. Neppure conosce bene quel programma, così farraginoso, per la gestione degli accessi… Ma è un giovane medico: è ancora un idealista! E’ ancora viva e recente la sensazione di orgoglio e di entusiasmo che lo possedeva quando ha scelto di fare medicina. E l’entusiasmo vive ancora nel suo cuore… Ancora la vita non l’ha piegato… Si rimbocca le maniche e lavora. Lavora sodo. Non ha grande esperienza. Ma di ogni cosa che vede cerca di fare esperienza. Cerca di impegnarsi. Non perde l’ottimismo. Soprattutto, non vuole perdere la passione…
Finora il giudice aveva retto bene. Ma ora sbianca in volto… ha la fronte imperlata di sudore.
Lo ha riconosciuto: è lo specializzando che ha condannato.
Fatelo. Portate quel giudice in un Pronto Soccorso.
Alla fine del suo giro, qualcosa avrà imparato. Molto più di quello che aveva appreso dalle carte processuali. Può darsi che gli venga un brivido, un lampo di sudore freddo, al pensiero di aver aggiunto alla tragica morte di una donna, la distruzione irreversibile di un giovane medico… agli albori della sua vita e della sua carriera.
Intanto quel Pronto Soccorso è ancora lì… con un medico in meno, e sempre più rassomigliante a una carneficina. Ed ogni giorno di più, sono i medici a diventare “carne da macello”.

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Lettera di un papà (da “Scout: si impara da piccoli a diventare grandi”

Lettera di un papà.
Qualcuno mi ha chiesto: “Perché sprechi tempo ed energie per far stare i tuoi figli negli Scout, fare attività e partecipare ai campi?”
La mia risposta è stata:
“Bene, ho una confessione da fare, non pago e uso del mio tempo affinché i miei figli indossino un’uniforme e frequentino le attività. Sai perché sto investendo?
Perché i miei figli imparino ad essere disciplinati.
Perché i miei figli imparino a prendersi cura del loro corpo e della loro mente.
Perché apprezzino e valorizzino la natura.
Perché i miei figli imparino a lavorare con gli altri e siano buoni compagni di squadra.
Per sviluppare la loro creatività.
Perché i miei figli imparino ad affrontare la delusione quando non ottengono ciò che si aspettavano, scoprendo che la chiave è lavorare ancora di più.
Perché imparino a raggiungere i loro obiettivi.
Perché i miei figli capiscano che ci vogliono ore e ore di duro lavoro e allenamento per ottenere risultati e che il successo non avviene dalla notte alla mattina.
Per l’opportunità che avranno i miei figli di fare amicizie che dureranno per tutta la vita.
Perché i miei figli imparino e lo facciano non davanti alla TV.
Per quei momenti in cui i miei figli tornano così stanchi che vogliono solo andare a riposarsi e non pensando e non avendo tempo di andare in giro a bighellonare o per prendere brutte strade.
Per tutti gli insegnamenti che questo grande movimento dà loro: responsabilità, servizio, impegno, civismo, rispetto, amore per la natura, convivenza, fede.
Potrei continuare, ma voglio essere breve; non pago per le attività scout, perché i Capi sono volontari e nel loro servizio offrono gratuitamente il loro tempo, la loro creatività la loro conoscenza e soprattutto il loro affetto e la loro pazienza.
Grazie per le opportunità offerte dagli Scout perché sviluppano qualità e competenze che si riveleranno molto utili nel corso della vita dei miei figli, dandogli possibilità di dare valore alla vita, costruendo un mondo migliore.

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