El grano de trigo (il chicco di grano)

Giornata strana oggi. Un anno fa eravamo in tanti fuori dalla Rianimazione del Gemelli ad attendere notizie di Giacomo, a pregare per lui, fino a quella tragica mattina del 23, quando Jack ci ha salutato per sempre. Oggi ci siamo ritrovati a Castel Gandolfo, a “Casa Nostra”, con i suoi amici di sempre e noi genitori, amici di Ale e Stefano, i genitori lacerati da questa incomprensibile tragedia che è la perdita di un figlio, l’unico figlio.

Messa all’aperto, suggestiva, con il contorno vocale delle cicale e degli uccellini e don Nunzio che è riuscito a trovare le parole giuste per darci “speranza”. E, come Ale, ci si interroga con tante domande e tante non risposte. Riflettevo, ascoltando don Nunzio, sulle coincidenze di questo anno. L’impulso che hanno avuto, a Butembo, i lavori di costruzione di “Casa Nostra”, del piccolo Ospedale e dell’ambulatorio. La formazione che è finalmente partita per i medici locali. La nuova comunità che si è formata all’asilo grazie all’opera di alcuni genitori che vorrebbero riprendere il lavoro che la Compagnia Teatrale non è riuscita a completare. I nuovi stimoli che potrebbe dare a tanti di noi la nuova Associazione Giacomo Tavernese. E poi oggi, ad un anno esatto dall’ingresso di Giacomo in Rianimazione, due infermieri della stessa Rianimazione si sono sposati ed il matrimonio è stato celebrato proprio da don Nunzio. Sacerdote che mi ha stupito e che continua a stupirmi in senso positivo. E’ stato prontissimo a venire al Gemelli quando è stato chiamato al capezzale di Jack ed è stato prontissimo ad assumere su di sè il peso di diventare assistente spirituale per i pazienti della Rianimazione: al Policlinico Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore non era contemplata la figura del cappellano. Quanti malati della Rianimazione hanno ricevuto conforto dall’opera di Don Nunzio? E lui sta adesso lì perchè ci è passato e ci è morto Giacomo. Il chicco di grano. L’affermazione di Magdalena ritorna prepotente: il chicco di grano deve morire per poter dare frutti. Ma Signore, perchè un ragazzo di 20 anni? E’ la non risposta fondamentale alle domande di Ale, di Stefano e di tutti noi: perchè?

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