Esami si -esami no

Leggo da tante parti lamenti contro l’indipendenza decisionale dei medici e lo smantellamento della sanità pubblica, sol perchè il Governo vuole far pagare le prescrizioni di esami strumentali ritenuti non necessari
Partiamo da un concetto fondamentale. Sono io e solo io, medico che visito il paziente, l’unico in grado di decidere “in quel preciso momento” quale sia il sospetto diagnostico e prescrivere, di conseguenza, gli esami strumentali che ritengo necessari a confermare o meno il dubbio diagnostico. Si, perchè tante volte gli accertamenti servono anche ad escludere alcune patologie e non solamente a “trovarle”. Su questo assunto penso che tutti noi medici siamo d’accordo
Ma, a meno che non vogliamo trasformarci in una massa di farisei, sappiamo bene che tanti esami richiesti non sono appropiati
Non entro nel merito della lista dei duecento e passa esami sotto la lente d’ingrandimento. Mi limito a due situazioni che, nella mia attività di specialista ortopedico, mi trovo a fronteggiare spesso e volentieri in ambulatorio.
Sopra i 50 anni, l’esame strumentale di scelta quando il paziente lamenta dolore articolare al ginocchio non è la risonanza magnetica, soprattutto se nella storia clinica non vengono riferiti eventi traumatici. Nel 99% dei casi il paziente viene a studio avendo già eseguito questo esame che il più delle volte è inutile. I sintomi, per lo più, sono determinati da un’artrosi di ginocchio più o meno avanzata, quasi sempre accentuata da una deviazione degli arti inferiori in varo (le gambe da cavallerizzo, per i non addetti) o in valgo (le gambe ad X nel gergo comune). In questi casi non solo la RMN è inutile, ma spesso è dannosa per le decisioni da prendere. Mi spiego meglio: sul referto certamente sarà presente una lesione meniscale su base degenerativa, da sovraccarico e il paziente già viene convinto che ha un “menisco rotto” e che dovrà essere “operato di menisco” (sempre per rimanere nel gergo comune). In questi casi invece l’esame elettivo è un semplice esame radiografico delle ginocchia sotto carico (si intende in piedi) per valutare l’entità della deviazione dell’asse di carico e quindi il restringimento della rima articolare interna (nel ginocchio varo) o esterna (nel ginocchio valgo). Solo se non c’è una deviazione significativa dell’asse di carico e se l’esame clinico orienta per un sospetto di lesione meniscale, è opportuno richiedere la RMN, che, a quel punto, ma solo a quel punto, può essere dirimente. Una meniscopatia degenerativa, in presenza di una alterazione dell’asse di carico, non si tratta chirurgicamente, se non dopo aver esplorato le possibili alternative terapeutiche e avendo l’accortezza di avvertire il paziente che il grosso rischio, dopo l’eventuale intervento, è quello di una accentuazione della sintomatologia dolorosa e del deficit funzionale determinata da un’accelerazione della degenerazione artrosica in un periodo medio-breve. Purtroppo la prassi è quella di operare sempre e comunque, perchè quasi nessuno si prende la briga di spiegare la differenza fra lesione traumatica o degenerativa del menisco. E poi noi medici siamo sotto la spada di Damocle della possibile denuncia per “malpratica”, istigata da avvocati senza scrupoli o comunque da una “sindrome da indennizzo” che tanti pazienti hanno nei nostri confronti.
In questo senso ben venga la possibile depenalizzazione dell’atto medico, come sembra verrà finalmente fatto, e l’inversione dell’onere della prova: sarà il paziente a dover dimostrare che io medico ho sbagliato e non io medico a dover dimostrare che ho seguito le linee guida. Finalmente, aggiungo sperando che questo si concretizzi a breve
Tornando agli esami strumentali più o meno appropiati, un altro esempio classico di eccesso di prescrizione è la patologia della colonna. Che senso ha richiedere una RMN della colonna lombosacrale in presenza di una semplice lombalgia senza nessun segno di interessamento dei nervi periferici? Eppure è quel che si osserva quotidianamente nella pratica specialistica. Poi magari lo stesso paziente che ha tanto insistito con il curante per farsi prescrivere una RMN non appropriata, si troverà con le liste d’attesa intasate e quindi con tempi lunghi per l’esecuzione di un esame fondamentale per dirimere il dubbio di una patologia neoplastica. E ovviamente la colpa delle liste d’attesa così lunghe sarebbe dei medici, neanche a dirlo ….
Siamo tanto bravi noi medici a chiedere, anzi a pretendere (giustamente aggiungo) una autonomia prescrittiva ai nostri governanti? Usiamo la stessa convinzione nei confronti dei pazienti ed abbiamo il coraggio di dire che quell’esame che lui richiede è inutile, almeno in quel momento di evoluzione della sintomatologia. Dobbiamo farlo soprattutto per non svilire il nostro ruolo. Se io sono SPECIALISTA in ortopedia, si presuppone che dovrei essere in grado molto meglio io del gastroenterologo di decidere se sia il caso o meno di sottoporre il paziente ad una RMN. E’ chiaro che in presenza di patologia gastrointestinale io oropedico rimando alle decisioni dello specifico specialista. Altrimenti saremmo specialisti in “tuttologia”, specializzazione che, considerati i continui progressi di tutte le branche della medicina, sarebbe difficilmente sostenibile

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