Giordania-Israele febbraio 2020 – parte 3

Diario di viaggio 3. Ore 10,10 di sabato: il nostro pullman arriva al ponte di Allenby, punto di confine fra Giordania e Israele. La nostra guida raccoglie i passaporti di tutti, scende dal mezzo e ritorna dopo un quarto d’ora circa. E’ tutto a posto, i passaporti vengono redistribuiti ai rispettivi proprietari e si parte. Una rapida sosta per l’ultimo controllo a bordo effettuato da un soldato giordano e ci avviciniamo al confine israeliano. Inizia la fila per un primo checkpoint, con attesa snervante di oltre un’ora. L’autista parla con i soldati, qualche minuto e si va avanti. Altra fila di pullman, arriva il nostro turno; rimaniamo a bordo mentre i bagagli vengono scaricati. Ci fanno scendere per un’altra fila, ognuno con il suo bagaglio; in attesa di passare sotto lo scanner, una addetta controlla i passaporti, in maniera sommaria: se la foto corrisponde alla persona si passa e si va al controllo bagagli. Superata anche questa barriera, altra fila per controllo passaporti, molto più serio e poi finalmente si parte verso Gerusalemme, previa sosta a Gerico per il pranzo. Lo scherzetto, durato oltre 3 ore, fa saltare tutti i programmi stabiliti. Gerusalemme conserva intatto il suo fascino. E’ la terza volta che ci veniamo dal 2017 e mi sento a casa mia o comunque da una persona di famiglia. Per la prima volta alloggiamo nel quartiere ebraico, a due passi dalla sinagoga e dal Muro del Pianto. Sistemati in stanza, di corsa verso il Santo Sepolcro, ma, purtroppo, d’inverno la chiusura è anticipata e non siamo proprio riusciti ad entrare nel Santuario. Passeggiata tranquilla per le strade del quartiere arabo e poi verso l’albergo
Domenica mattina sveglia molto presto e, alle 8,00, celebrazione della Santa Messa all’interno della Basilica, nella Cappella della apparizione di Gesù a sua Madre. Ha celebrato Padre Alessandro, la nostra guida dei precedenti pellegrinaggi, persona straordinaria, che ha confermato l’alto concetto che ho di lui con una bellissima e toccante omelia ed una successiva riflessione, tenuta presso la Casa dei Francescani, che ha occupato il resto della mattinata. Alla fine Via Crucis lungo la Via Dolorosa, ritornando fino al Sepolcro. Riflessione spicciola: durante la Via Crucis del nostro gruppo è iniziata la preghiera del Muezzin; contemporaneamente le nostre preghiere in italiano si sovrapponevano ai canti di altri gruppi, filippini, austriaci, africani di non so quale nazionalità. Senza prevaricazioni, in una sensazione di totale ecumenismo e tolleranza che stona se rapportata alle divaricazioni fra cattolici e musulmani e fra i cattolici stessi (cristiani, protestanti, ortodossi). Chissà perchè “sul campo”, fra persone comuni, c’è totale comunanza mentre ad alti livelli si alimentano le divaricazioni
Pomeriggio alla piscina probatica o piscina degli agnelli, conosciuta anche come Piscina Betzaeta, luogo sede di uno dei miracoli di Gesù, la guarigione di un paralitico. Luogo noto ma che ugualmente stupisce per le dimensioni ragguardevoli, nel Vangelo di Giovanni si parla di una piscina con 5 portici, e l’imponenza dei resti monumentali. Da lì a piedi, attraverso la Porta dei Leoni (conosciuta anche come Porta di Santo Stefano perchè vicina al luogo del martirio del Santo, condotto fuori da Gerusalemme proprio attraverso questa porta, oppure come Porta delle Pecore, probabilmente per la sua vicinanza con la Piscina degli Agnelli) breve tragitto a piedi e salita parziale del Monte degli Ulivi fino al Dominus Flevit, luogo da cui Gesù, guardando Gerusalemme, pianse su di essa.
Ritorno verso il basso (tempo tiranno quest’anno) e passaggio in uno dei luoghi che per me è più significativo, che mi da un senso di pace pur essendo il luogo iniziale della Passione di Gesù: parlo dell’Orto di Getsemani, dove Gesù si ritirò a pregare e fu lasciato solo dai discepoli, vinti dal sonno, solo nell’angoscia di quel che lo aspettava di lì a poco, tanto che l’evangelista Luca ci racconta che, sdraiato su una pietra, sudò sangue. E’ una strana sensazione appoggiare la mano su questa pietra, divisa fra la compartecipazione all’angoscia di Gesù e la serenità di sapere che Lui c’è. Serenità che, per quanto mi riguarda, raggiunge il massimo nell’ammirare la maestosità di alcuni degli ulivi dell’Orto. La scritta “PEACE”, segnata con le pietre, è un auspicio che, nel mio caso, qui si realizza

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