NAUFRAGIO A CUTRO

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "KR14F9 Il codice identificativo di una bimba di 9 anni morta nel naufragio. Senza nome solo un codice. Abbiamo fallito tutti"Sono stanco, stanco e nauseato di ascoltare la narrazione corrente del fenomeno migratorio. “Stiamo difendendo i confini dell’Italia e dell’Europa” proclamano i nostri attuali governanti. Ma non vi vergognate? Ma avete visto da chi state “difendendo i confini?” Se valesse quanto dite circa la salvaguardia dei confini, come da anni sento blaterare dagli esponenti politici di destra in TV e in tutte le piazze d’Italia, estremizzando il concetto, il naufragio o la strage, come sarebbe più corretto definirla, avvenuta sulle coste calabresi avrebbe avuto l’effetto di respingere una pericolosa minaccia per la nostra integrità territoriale. Pensate che, per passare inosservato, uno di questi terribili invasori si era mascherato da bambina di 9 anni. La disumanità di questa tragedia passa anche da questa scheda, Kr14f9 (Krotone – salma 14 – femmina – età presunta 9 anni) una sigla, neanche un nome inventato, il nome di un fiore, un aggettivo. Disumano, non trovo altro termine. Ma una bambina di 9 anni come può minacciarci? Magari era una componente della famiglia di quel ragazzo afgano di 12 anni, unico sopravvissuto di un gruppo di 10 persone. Certo, secondo il nostro ministro dell’interno Piantedosi nessuna di queste persone sarebbe dovuta partire, se lo hanno fatto sono degli incoscienti. “Non devono partire, non devono partire”, il mantra lava coscienze di questi giorni.
Perché partono, bisognerebbe invece chiedersi. Nel caso fosse sfuggito, in Afghanistan, in Iraq, in Iran, in Siria c’è la guerra, che tra parentesi abbiamo portato noi occidentali. In Afghanistan ed in Iran c’è una situazione assolutamente invivibile per le donne, di qualunque età, basti pensare a tutti i divieti che hanno o al fenomeno delle spose bambine. Ministro Piantedosi, se lei vivesse lì, accetterebbe questa situazione per sua madre, sua sorella, sua moglie, sua figlia e “non partirebbe” o cercherebbe in tutti i modi di salvarle? Se vivesse in Iran lascerebbe i suoi familiari, soprattutto se di sesso femminile, in balia dei pasdaran che potrebbero ucciderle per una ciocca di capelli fuori posto? Se lei vivesse in Siria, dopo anni di guerra civile, bombardamenti, massacri e adesso il devastante terremoto di qualche settimana fa, rimarrebbe o partirebbe? Certo, possiamo istituire i corridoi umanitari. Come pensate di convincere i talebani a far partire gruppi familiari numerosi? O dovrebbero partire solo coloro che possano eventualmente essere impiegati come forza lavoro in Italia lasciando mogli e figli nel Paese di origine? Perché Assad dovrebbe far partire le famiglie curde, per esempio, che si sono ribellate al suo regime? Perché Al-Sisi, per tornare sulle rive del Mediterraneo, Al-Sisi dicevo, campione di democrazia (Giulio Regeni docet, ahinoi) dovrebbe agevolare un ponte aereo per far partire in maniera regolamentata i ragazzi egiziani che volessero venire a lavorare in Europa, in Italia in particolare?
Ipotizziamo di poter far ciò perché pensiamo che tutti questi esempi di alti statisti siano comprabili. Gli daremo soldi, tanti soldi, quelli di un fantomatico “piano Mattei” di cui si parla da anni per tacitarci la coscienza e non dover vedere lo scempio di Steccato di Cutro, dei corpi sulla spiaggia coperti dalle lenzuola bianche, dai naufraghi di Lampedusa qualche anno fa, i 700 e passa del barcone ribaltato sotto costa (anche quelli erano, secondo l’attuale vulgata, pericolosi invasori, addirittura per aumentarne il numero, una madre stava partorendo sul barcone ed è affogata con il neonato ancora attaccato al cordone ombelicale, ce lo ricordiamo o lo abbiamo rimosso?)
Io non ho la ricetta per risolvere il problema e comunque sono convinto che il problema, lo chiamo ancora così, aspetto un’altra definizione geniale dopo “carico residuale” o “genitori irresponsabili”, non abbia una soluzione a breve
La domanda da porsi è un’altra: nell’attesa, cosa si fa? Tutta la storia del mondo è caratterizzata dal fenomeno migratorio, per fame, per carestie, per guerre. Allora pensiamo di combattere gli scafisti, i trafficanti di esseri umani facendo morire la loro “merce” in mare? Qualcuno veramente è convinto che sia questo il modo di fermare la fuga di questi disperati?
Se è così, chiedo perdono per l’intrusione, sono io che non ho capito nulla. Forse perché provengo da una città costiera, sono sempre convinto che chi in mare è in difficoltà debba essere salvato sempre e comunque. Io ancora penso, stupido e ingenuo qual sono, che bianchi, neri, gialli, olivastri, italiani, europei, afghani, egiziani, africani, asiatici, siamo tutti figlio dello stesso Dio. Penso che le parole di Gesù trasmesse nel Vangelo (“ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. … In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”, Matteo, 35-40) debbano essere vive nei nostri pensieri e nelle nostre azioni.
 
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