Nozze d’oro

Oggi sono 50. Esattamente 50 anni fa, il giorno della festa di San Giorgio, protettore degli scout, giorno in cui gli scout del mondo rinnovano la loro Promessa, l’impegno solenne che assumono verso Dio, verso il proprio Paese, verso gli altri, scout e non, il 23 aprile del 1971 nelle mani dell’allora capo riparto, Tanino, recitavo le parole che mi avrebbero portato, ufficialmente, a far parte della grande famiglia dello scoutismo: “Con l’aiuto di Dio, prometto sul mio onore di compiere il mio dovere verso Dio e verso la Patria, di aiutare il prossimo in ogni circostanza, di osservare la Legge Scout”.  E per la prima volta sulla mia camicia grigia, oggi i colori dell’uniforme sono diversi, spiccava il fazzolettone amaranto con una striscia bianca, simbolo del Gruppo Reggio Calabria 1, il gruppo di cui ancora oggi, idealmente, faccio parte

Era cominciato come un gioco, un modo per tacitare le insistenze di mia madre, ma con la certezza che dopo qualche mese mi sarei stancato e sarei tornato alle mie amate partite di calcio della domenica mattina con la Matteotti, la società giovanile dove avevo iniziato a tirare calci al pallone in maniera un po’ più seria che nel cortile di nonna o per le strade del rione

E in effetti lo scoutismo è un gioco, un gioco che ti fa crescere e che, specie se hai la fortuna di avere dei capi come quelli che io ho avuto, diventa il Grande Gioco della vita, ti entra dentro, ti crea una seconda pelle, ti continua a guidare durante il tuo tempo come i segnali che allora avevamo imparato a riconoscere al lato del sentiero. Certo, non si parla più della fila di pietre o dei legnetti che, disposti in un certo modo, indicavano la corretta direzione, oppure suggerivano di guardarci le spalle perché seguiti, oppure ancora ci invitavano ad accelerare, piuttosto che a rallentare. Si tratta di avere in mano, con cognizione di causa, la pagaia “per guidare da soli la nostra canoa”, di avere la forza di mantenere un impegno, di raggiungere un obiettivo, di essere punto di riferimento per gli altri, con l’umiltà necessaria per essere “al servizio” degli altri. E tutto questo lo riesci a fare con naturalezza, non devi atteggiarti, non devi pensarci. E’ il senso della Legge Scout, espresso da quello che io considero l’articolo più importante, che non a caso è il primo: “lo scout considera suo onore meritare fiducia”. Pensiamoci bene, a chi concediamo la nostra fiducia? Non certo al primo che passa e neanche a chi è bravo solo a parole. Personalmente mi fido di “chi fa” e dimostra di saper fare, di chi con un sorriso è capace di risollevarmi il morale, di chi è sempre stato leale verso di me, ma anche verso gli altri, di chi c’è, in maniera tangibile, al mio fianco quando ho bisogno

Mi, anzi ci piace dirlo spesso: “Semel scout, semper scout” (una volta scout, scout per sempre). Ed io sento di avere ancora addosso l’entusiasmo di quel 23 aprile di tanti anni fa, di quell’adolescente che sognava di cambiare il mondo, di fare la rivoluzione,  e che oggi, forse più maturo, ha capito che le rivoluzioni vere si fanno ad iniziare dal nostro piccolo mondo. L'”impresa”, gergo che i miei amici scout capiranno subito, non deve essere l’evento eccezionale. La nostra “impresa” quotidiana, questo è quanto cerco nel mio piccolo di fare, deve essere quella di vivere mantenendo la nostra Promessa, nel solco della Legge Scout, come abbiamo imparato a fare nel Branco, nel reparto e nel clan da lupetti/coccinelle, esploratori/guide e da rover/scolte

Questo è l’augurio più bello che si possa fare a tutti i novizi che oggi “prenderanno” la Promessa, a tutti coloro che la rinnoveranno, in Comunità o, come spero di poter fare io, partecipando con il mio fazzolettone alla Santa Messa che il gruppo scout della parrocchia dovrebbe animare: impegniamoci ad “essere degni”, concretizziamo le parole del Canto della Promessa

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